Padre Giovanni Benetti da due anni si trova in Benin come formatore presso il centro di Spiritualità Brésillac di Calavi. Rispondendo ad alcune domande su chi è il missionario, ci racconta la sua vita tra i giovani che chiedono di diventare sacerdoti nella SMA.

“Il missionario non è un semplice filantropo: è un innamorato di Gesù e attinge da Lui, sorgente di vita, la forza per andare ed essere un riflesso, anche se talvolta un po’ sbiadito, del suo amore. È questo il senso della mia presenza qui, a Calavi (Benin), presso il “Centro Brésillac” dove i seminaristi SMA frequentano l’“Anno Internazionale di Spiritualità”, tra il biennio o triennio filosofico e il triennio o quadriennio teologico”.

Inizia con queste parole di P. Giovanni Benetti questo articolo-intervista tratto dalla nostra rivista di animazione missionariaIl Campo” n. 167.

Cos’è l’anno di spiritualità SMA?

“È un anno di approfondimento vocazionale, in ambito internazionale. Offre ai candidati l’opportunità di approfondire la loro relazione personale con il Signore, di riflettere sulla loro vocazione e di rafforzarla in vista della Missione. Nello stesso tempo, li introduce ad una maggiore conoscenza della storia della SMA e li prepara al loro primo giuramento temporaneo. Vi partecipano circa 50 seminaristi provenienti da tutto il mondo, in gran parte da vari paesi africani, alcuni anche dall’India e dalle Filippine; quest’anno 2023-2024 è presente un italiano (Anselmo), due anni fa aveva partecipato un colombiano.

Qual è la tua missione?

“Mi trovo in mezzo a tanti giovani che, con i padri formatori e con gli amici del centro, alimentano un clima di fraternità e di semplicità. Sono impegnato nell’accompagnamento spirituale di questi giovani, nella preparazione di alcuni ritiri e corsi di formazione, e nella partecipazione ai vari incontri programmati per i formatori. In base al tempo disponibile, cerco anche di offrire, specialmente la domenica, il mio servizio pastorale presso alcune parrocchie dei dintorni.

Il lavoro non manca e richiede un grande senso di responsabilità, poiché in gioco c’è la vocazione e, quindi, la vita dei seminaristi, futuri missionari SMA, che attendono da me e dagli altri padri un’autentica testimonianza cristiana; ciò esige umiltà che consente ai formatori di condividere i problemi e di immergersi nella storia personale di questi giovani in cammino verso il sacerdozio e l’impegno missionario senza confini”.

Una missione appassionante?

È bello stare con i giovani. È entusiasmante vivere la missione con loro e condividere un’avventura che dà sapore alla vita, anche se non tutto è rose e fiori.

Incontri qualche difficoltà?

Il clima tropicale di Calavi è pesante e le zanzare anofele, portatrici del plasmodio della malaria, sono ben presenti e attive; cerco di contrastarle con zanzariere e repellenti.

L’acqua non è potabile e, quindi, è necessario filtrarla o portarla ad ebollizione.

La situazione nel paese?

Al sud del Benin, la situazione è calma, grazie a Dio. Al nord ci sono, di tanto in tanto, le incursioni jihadiste, che seminano violenza e morte. Spero che questi attacchi terroristici terminino al più presto e lascino il posto a una pace duratura.

Cos’è allora la missione?

Non è soltanto filantropia. La missione è anzitutto… “essere innamorati di Gesù Cristo”.

È “amare” che dà senso al “partire”.

E il “Mal d’Africa”?

La Missione non è soltanto il cosiddetto “Mal d’Africa”, cioè quell’attrazione che possono avere certe realtà esotiche, certi paesaggi e anche l’accoglienza da parte dei nostri fratelli e sorelle africani. Sarebbe troppo poco. Il Mal d’Africa, inoltre, passa presto di fronte ai problemi che ci sono qui come altrove.

Ecco cos’è la Missione: lasciarsi affascinare da Gesù Cristo e cercare di essere lo specchio, anche se un po’ opaco, della sua bontà dove il soffio del suo Spirito ci conduce.

Padre Giovanni Benetti
Calavi – Benin

P. Giovanni Benetti

 


Questo Articolo-intervista lo trovi anche sulla rivista SMA di animazione missionaria Il Campo

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