Il 2024 è un anno importante dal punto di vista elettorale per numerosi Stati. In Africa, milioni di persone sono chiamate a scegliere i loro rappresentanti politici attraverso elezioni presidenziali e legislative.

Negli ultimi anni, i livelli di astensione sono costantemente in aumento (come si registra anche oltre i confini africani).

Eppure il voto è un diritto, conquistato in molti casi dopo decenni, se non secoli, di colonialismo e di mancanza di libertà. Basta guardare al Sudafrica, dove la maggioranza dei cittadini ha potuto partecipare alle votazioni per la prima volta soltanto nel 1994.

Sudafrica, tra disoccupazione e crisi dell’ANC

Nelson Mandela vota per la prima volta nella sua vita (come altri milioni di sudafricani) in occasione delle elezioni generali, libere e democratiche del 1994.

E proprio il Sudafrica è una delle nazioni in cui, nel 2024, sono previste elezioni cruciali. La situazione socio-economica della “nazione arcobaleno” è complessa, considerato che il tasso di disoccupazione è di circa il 30%. I più colpiti dalla mancanza di lavoro e dalla precarietà sono i giovani.

Nelle elezioni del 2019, soltanto il 49% dei sudafricani è andato a votare. Un dato che mostra la forte astensione della popolazione e coloro che si allontanano sempre più dalla politica sono le nuove generazioni

Una disaffezione imputabile non solo alle difficoltà economiche, ma anche alla crisi interna del partito – l’African National Congress (ANC) – che ha traghettato il Paese dall’apartheid a un sistema istituzionale più libero e democratico.

L’ANC sta perdendo consensi, come hanno dimostrato le votazioni locali del 2021. Se, da un lato, il sostegno popolare non è più quello dei tempi in cui Nelson Mandela divenne Presidente del Sudafrica, dall’altro, i partiti di opposizione si stanno coalizzando in funzione anti-ANC.

Le elezioni previste a maggio saranno quindi decisive sia per gli equilibri interni dell’ANC, sia per la stabilità o meno dell’intera nazione.

Senegal: quasi 80 i candidati alle presidenziali

L’attuale Presidente del Senegal Macky Sall

Guardando all’Africa occidentale, il Senegal è uno dei Paesi più stabili dell’intera regione.

La terra che diede i natali a Léopold Sédar Senghor – primo Presidente del Senegal – andrà a elezioni il 25 febbraio. Dopo la decisione di Macky Sall di non candidarsi per un terzo mandato, si erano aperte le iscrizioni alle presidenziali.

Il Consiglio Costituzionale ha ricevuto 79 dossier collegati alle candidature.

Tra i nomi più popolari figurano: Amadou Ba, attuale primo Ministro; l’oppositore Ousmane Sonko; l’ex sindaco di Dakar Khalifa Sall; Karim Wade, figlio dell’ex Presidente Abdoulaye Wade; e Idrissa Seck, arrivato secondo alle presidenziale del 2019.

Questi mesi che precedono le elezioni vedono già una frattura all’interno della politica e della società senegalese per effetto del caso Ousmane Sonko: il dossier della sua candidatura è stato rigettato dalla Corte Costituzionale perché ritenuto incompleto. Una decisione che ha suscitato forti critiche da parte dei sostenitori di Sonko, già colpito da accuse giudiziarie.

A ciò si aggiunge  il numero elevato dei candidati ammessi alle presidenziali. Questi elementi rischiano di ampliare le fratture interne nel Paese, creando un clima instabile sia prima, che dopo le elezioni.

Tra politica e colpi di Stato

Particolare attenzione è rivolta a quegli Stati dell’Africa occidentale in cui la politica, in questi ultimi anni, ha ceduto il passo ai militari.

A luglio ci saranno le presidenziali in Burkina Faso e ancor prima, a febbraio, dovrebbero svolgersi quelle in Mali, ma la data non è ancora fissata. Entrambi i paesi hanno subito vari golpe. Il più recente è avvenuto in Burkina nel 2022 e ha portato al potere la giunta guidata dal capitano Ibrahim Traoré.

Il Mali, negli ultimi vent’anni,  ha visto una recrudescenza militare e politica, che ha portato nel marzo 2012 a un colpo di Stato, a cui hanno fatto seguito una guerra civile, e poi l’intervento francese con la cosiddetta operazione Serval. Il Mali rimane ancora insicuro, non solo a causa delle rivendicazioni di gruppi ribelli e separatisti, ma anche per la presenza di una giunta militare al governo guidata da Assimi Goïta.

Tunisia e tendenze autoritarie

Kais Saied

Anche in Tunisia sono previste elezioni presidenziali importanti nel 2024. Da quando è salito al potere Kais Saied, esperto di diritto costituzionale, la Tunisia sperimenta una profonda involuzione a livello dei diritti umani, sul piano civile e sociale.

Dal 25 luglio 2021, Saied ha avviato una politica di stampo autoritario ed è riuscito a modificare la Costituzione istituendo un Parlamento bicamerale.

Gli oppositori denunciano i continui tentativi di Saied di delegittimare la rappresentanza delle istituzioni locali, per accentrare a livello esecutivo tutti i poteri decisionali.

Le presidenziali nell’autunno 2024 saranno quindi fondamentali (se davvero si terranno) per le sorti democratiche della Tunisia.

Tra gli altri Stati africani che nel 2024 andranno a elezioni vi sono il Botswana, l’Etiopia, il Ghana, il Madagascar, il Ruanda e la Namibia.

Oltre alle ingerenze provenienti da Paesi stranieri non africani, e oltre alle fake news, una delle minacce più pericolose nelle varie elezioni previste in Africa nel 2024 riguarda l’uso distorto dell’intelligenza artificiale al fine di manipolare e condizionare il voto.

I pericoli dell’intelligenza artificiale li aveva sottolineati Papa Francesco, in occasione della 57ᵃ Giornata mondiale della Pace.

A cura di Silvia C. Turrin