Nelle settimane dopo Pasqua, durante la Messa, abbiamo ascoltato vari brani degli Atti degli apostoli e abbiamo seguito i primi passi della missione nel nome di Gesù morto e risorto. Tra i successi della predicazione dopo il dono dello Spirito Santo ricevuto a Pentecoste e le prime persecuzioni venute dalle varie autorità religiose e civili.
Siamo certamente rimasti colpiti dal coraggio e dalla fede degli apostoli e dei discepoli che, prima di Pasqua, avevamo lasciato mentre abbandonavano Gesù e a Pasqua facevano fatica a credere alla sua risurrezione. Ora invece essi possono dire a uno storpio : «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, Alzati e cammina!».(Atti 3, 6). Ora li troviamo addirittura contenti di uscire “dal sinedrio lieti di aver sofferto qualcosa per il nome di Gesù” (Atti 5, 41).
Si precisa così una prassi apostolica che orienterà i passi della Chiesa specialmente nei momenti difficili della sua azione nel mondo. Li ispira anche ora quando membri del popolo di Dio, sacerdoti, religiosi e laici, sentono il bisogno di un ritorno alle origini della vicenda cristiana per offrire risposte autentiche, semplici e incisive alle esigenze e alle aspirazioni di tanti uomini e donne del nostro mondo.
Tra gli amanti della prima esperienza apostolica mi è caro ricordare padre Pier Luigi Maccalli, mio confratello e amico della Società delle Missioni Africane.
Molte volte abbiamo discusso sulla necessità di sviluppare una spiritualità e quindi un’azione genuinamente apostolica. Si precisava così il desiderio di una “compagnia degli apostoli”, con riferimento a un pensiero espresso più volte dal nostro Fondatore, Mons. Melchiorre de Brésillac. Cioè di un gruppo di missionari che si dedicasse particolarmente allo studio dell’insegnamento dei primi apostoli e cercasse di seguirne l’esempio.
Riconosco che spesso padre Gigi mi fu di stimolo a “portare avanti questo tipo di discorso” come si diceva una volta. Non mancava il tema delle persecuzioni, non solo quelle violente ma quelle sottili e sfumate che sorgono nelle nostre comunità cristiane quando si cerca di ritornare al tempo in cui tutto è cominciato. A quando i discepoli di Gesù erano chiamati i “seguaci della via”. Una via diversa da quella seguita da altri credenti per il semplice fatto che Gesù è diverso dagli altri. Egli stesso è la “via”.
Dopo la benedizione della nuova chiesa di Bomoanga in Niger, dedicata allo Spirito Santo, padre Gigi aveva descritto in una lettera i vari simboli che l’adornavano e che dovevano aiutare la fede dei cristiani e concludeva: “La chiesa è fatta, ma il più resta da fare” Poi parlava dei commenti positivi alla nuova chiesa anche da parte dei non cristiani che la consideravano veramente bella.
E aggiungeva: “Il bello è per sua natura diffusivo, non ha bisogno di pubblicità. E il nostro Dio è il Bello, il Bene, il Buono che parla al cuore di ogni uomo in forme e modi diversi… Così la fede ha una forza di attrazione e il Crocifisso ha attirato a sé il mondo dall’alto della croce irradiando sempre e solo il Bene. Questa la missione che ci attende: dire e dare a tutti le tre B. Il più resta da fare dunque…la missione continua!”.
Certo, padre Gigi non immaginava come la sua missione sarebbe continuata! Ma è la stessa storia degli apostoli di ieri e di oggi che continua in tanti deserti del mondo.
P. Bruno Semplicio, SMA