La storia dello Zimbabwe si intreccia con la storia di Robert Mugabe. Definito da molti “padre della nazione”, Mugabe è deceduto il 6 settembre 2019 all’età di 95 anni. Ripercorrere la sua lunga vita significa conoscere le fasi storiche e tormentate di uno Stato dell’Africa Australe per anni chiamato Rhodesia.
Robert Mugabe nacque il 21 febbraio 1924 a Kutama, in una comunità missionaria dei Gesuiti. Suo padre, Gabriel Matibili, era un lavoratore migrante originario del Malawi (all’epoca Nyasaland) divenuto carpentiere grazie una formazione promossa dai Gesuiti stessi. Anche la madre di Mugabe, appartenente all’etnia Shona, fu legata alla missione, dove insegnava catechismo ai bambini del villaggio di Kutama. Due fratelli di Mugabe morirono quando erano ancora piccoli. Il padre, distrutto per queste morti, abbandonò la famiglia. Robert Mugabe aveva solo 10 anni. Venne cresciuto dalla madre. Suo mentore divenne Padre Jerome O’Hea, della comunità locale angolo-irlandese.
Dopo essersi diplomato presso il college St. Francis Xavier di Kutama, Mugabe ottenne un’altra specializzazione in storia e in inglese. Nel frattempo, alla fine degli anni ’40 del XX secolo, si avvicinò alla politica del African National Congress (ANC), partito sudafricano impegnato in una dura opposizione contro il regime razzista sudafricano instaurato dall’élite bianca. Anche lo Zimbabwe, chiamato all’epoca Rhodesia Meridionale, era un paese colonizzato da un’èlite bianca, di origine in prevalenza britannica. Proprio per i parallelismi politici e per la vicinanza geografica, Robert Mugabe sviluppò un legame con il vicino Sudafrica. Mentre insegnava in varie scuole dell’allora Rhodesia, Mugabe si laureò in Pedagogia a distanza, presso l’University of South Africa (UNISA). Ottenne poi un’altra laurea in Economia, presso l’University of London. Grazie a questa formazione, insegnò in varie nazioni, dallo Zambia (all’epoca Rhodesia settentrionale) al Ghana. Nel frattempo, divenne sempre più politicizzato, abbracciando l’ideologia marxista. Era l’epoca in cui stavano emergendo figure politiche africane preparate, che avevano studiato anche in Europa, e che stavano lavorando per rendere indipendenti varie nazioni africane. Tra queste figure spiccava Kwame Nkrumah, verso il quale Mugabe nutriva profonda ammirazione.
Verso l’indipendenza dello Zimbabwe
Dal Ghana, quando rientrò in Rhodesia, Mugabe trovò una popolazione stremata e in fermento, che protestava contro i trasferimenti forzati di tante famiglie nere. Mugabe si unì alle proteste. Il suo amico, leader nazionalista Leopold Takawira, venne arrestato. Dopo che il governo coloniale bandì il partito indipendentista National Democratic Party (NDP) e imprigionò i suoi leader, Mugabe, sempre più coinvolto nelle sorti del suo paese, formò lo Zimbabwe African People’s Union (ZAPU), sotto la leadership di Joshua Nkomo. Ma la causa indipendentista rimaneva bloccata. Fu così che Muagbe, sulla scia di ciò che stava accadendo anche nel vicino Sudafrica, decise di sostenere e abbracciare la guerriglia con un movimento armato. Da quel momento in poi la sua vita divenne votata alla liberazione della sua terra dal colonialismo europeo. Dal 1962 al 1964 venne più volte arrestato. Nel 1963, fondò un nuovo partito, lo Zimbabwe African National Union (ZANU). Mentre Mugabe era in carcere, morì suo figlio Nhamodzenyika, di appena 3 anni, ma gli venne rifiutato di poterlo rivedere per l’ultima volta e di partecipare ai funerali (questo episodio tragico accomuna Mugabe a Mandela, il quale subì la perdita di un figlio mentre era in carcere a Robben Island). Mugabe, però, a differenza di Mandela, trascorse “solo” 11 anni in prigione.
Intanto la Rhodesia, con l’iniziativa del britannico Ian Smith, si staccò dal Commonwealth, proclamando l’indipendenza nel novembre 1965, con l’Unilateral Declaration of Independence. Il paese rimaneva di fatto controllato dall’élite bianca anglosassone, la cui politica si ispirava a quella del vicino governo di Pretoria, fondata su razzismo e sfruttamento economico dei neri africani. Per Mugabe fu il periodo dell’esilio e della guerriglia, tra Mozambico e Zambia. Grazie proprio alla guerriglia, il governo Smith iniziò a entrare in crisi, sino a quando nel 1979 venne dato vita a un governo composto da bianchi e neri. L’anno successivo, il 4 marzo 1980, vennero indette le prime libere elezioni. Mugabe divenne Primo Ministro.
Dalla politica di riconciliazione all’autoritarismo
Dopo l’indipendenza ufficiale dello Zimbabwe, Mugabe si dimostrò conciliante verso gli ex colonizzatori bianchi, tanto da offrire loro posti chiave a livello politico e permettendo a Ian Smith di rimanere nel paese. Un primo esempio di “abuso di potere” avvenne dopo due anni dall’indipendenza, nel 1982, quando Mugabe appoggiò l’intervento armato nella provincia dissidente del Matabeleland, una terra abitata dalla comunità etnica degli Ndebele. La repressione fu brutale: si stimarono 200mila morti. Un altro elemento che trasformò Mugabe in un politico dispotico fu la sua politica agraria. Lo Zimbabwe tra l’800 e il ’900 era considerato una terra ricca, fertile, un vero “granaio” d’Africa, dove si coltivavano cereali, frutta e verdura. Quando giunse al potere Mugabe oltre la metà del territorio dello Zimbabwe era coltivabile. A partire dal 1990, egli avviò una riforma agraria per ridistribuire la terra ai contadini africani, espropriando le fattorie dei bianchi. Fu questo uno dei motivi principali che causarono una profonda crisi nello Zimbabwe. Sebbene tanti contadini africani riuscirono a ottenere appezzamenti di terreno, migliaia di agricoltori bianchi lasciarono il paese. Mugabe si inimicò gran parte dell’Occidente. Intanto nello Zimbabwe la disoccupazione aumentava e la moneta si svalutò drammaticamente. Ad aggravare la situazione economica furono le sanzioni stabilite dagli Stati Uniti e poi dall’Unione Europea e da altre nazioni contro Mugabe, i suoi collaboratori e varie società accusate di “ostacolare le riforme democratiche in Zimbabwe”.
La riforma agraria gestita in modo autoritario, l’uso della violenza contro gli oppositori interni, la gestione personalistica delle istituzioni hanno portato Robert Mugabe da rivoluzionario a dittatore. La mancanza di elezioni davvero libere e il controllo del paese per quasi 37 anni sono altri elementi che hanno trasformato Mugabe in un “padre-padrone dello Zimbabwe”. Basti dire che dal 1987 al 2017 egli fu ininterrottamente Presidente della nazione. Mugabe ha abbandonato il potere solo nel 2017, lasciando uno Zimbabwe in piena crisi economica, tra alta inflazione e alta disoccupazione. Nel 2016 l’Indice di Sviluppo Umano dello Zimbabwe era basso, il paese si posizionava al 154° posto.
(a cura di) Silvia C. Turrin