Nel cimitero di San Severino Marche una lapide ricorda un partigiano un po’ speciale. Si tratta Carlo Abbamagal, così encomiato nella lapide: Nato ad Addis Abeba, morto sul Monte San Vicino. Etiope partigiano del ‘Battaglione Mario’ di San Severino Marche. Insieme ad altri uomini e donne provenienti da tutto il mondo, caduto per la libertà d’Italia e d’Europa”.

L’ultimo numero di Nigrizia, il mensile di attualità africana, segnala un’opera dedicata proprio a questo partigiano nero, scritto dallo storico Matteo Petracci: Partigiani d’Oltremare. La recensione, che qui sotto riportiamo è di Stefania Ragusa.

Il battaglione Mario

Cosa era il “battaglione Mario”? Era una banda partigiana caratterizzata da un’anima internazionalista, che non ha avuto eguali nella storia della resistenza. Ne fecero parte anche etiopi, somali e eritrei, ossia “sudditi” coloniali.

A spingere lo storico Petracci in questa direzione di ricerca è stata una fotografia, presente negli archivi dell’Anpi, che ritraeva un gruppo di partigiani di stanza nelle Marche. Tra questi uno aveva la pelle nera. Si trattava di Abbamagal, il cui vero nome era Abbabulgù.

Lo “zoo umano” di Napoli

Cosa ci faceva lì? La vicenda comincia poco prima che l’Italia entri in guerra ed è legata allo zoo umano realizzato a Napoli, all’interno della grande Mostra dedicata ai Territori d’Oltremare (Mto), fortemente voluta dal governo fascista.

Nel villaggio coloniale erano ricostruiti gli habitat tipici dei paesi conquistati e collocati sudditi coloniali figuranti, anche loro marcatamente “tipici”. Per allestire lo zoo umano, dal Corno d’Africa arrivarono una sessantina di etiopi, somali, eritrei e una cinquantina di ascari incaricati di vigilare su di loro.

A esibizione conclusa, i sudditi avrebbero dovuto fare rientro in Africa, ma il 10 giugno 1942, un mese dopo l’apertura della Mto, l’Italia entra in guerra e la mostra viene sospesa. Gli africani rimangono per lunghi mesi internati nel villaggio. Saranno poi trasferiti nelle Marche, a Treia, in provincia di Macerata, e sistemati in una villa fatiscente.

Qui, al contrario che a Napoli, ci saranno contatti con la gente del luogo. Seppur scortati sempre dalle guardie, gli africani escono ogni tanto, riescono ad avere informazioni su quello che sta accadendo, e questo ha sicuramente un peso sulle loro scelte future. Nella notte tra il 24 e il 25 luglio Benito Mussolini viene destituito, l’8 settembre viene firmato l’armistizio.

I sudditi coloniali su uniscono alla Resistenza

Il 5 ottobre, tre etiopi lasciano la villa per unirsi a un gruppo di partigiani. Man mano ne arriveranno altri. In totale 12, tra cui anche 2 donne. Abbamagal, chiamato Carletto per via della corporatura esile, sarà uno degli ultimi a unirsi ma il primo a cadere.

L’ingresso nella resistenza per tutti loro non sarà frutto di un calcolo utilitaristico. “Pur nella cornice data dalla legislazione razziale e le richiamate restrizioni sulla circolazione, fino ad allora somali, eritrei ed etiopi avevano vissuto in una condizione di semilibertà”, osserva Petracci.

Non avevano insomma la necessità di schierarsi. Non rischiavano la deportazione (come gli ebrei), non erano prigionieri di guerra. Avrebbero potuto aspettare il passaggio degli alleati per tornare a casa. E molti di loro, in particolare quelli che avevano bambini piccoli, in effetti fecero così.

Nella contingenza attuale, questo libro va ben al di là del suo contenuto storico. Considero il riemergere di sentimenti xenofobi e razzisti come una minaccia alla pace, scrive l’autore nell’introduzione. “Sono convinto che la battaglia di contrasto a questa deriva vada combattuta con ogni mezzo”.

Recuperare tessere di verità e di memoria è il mezzo che ha scelto lui.

Italo-somalo, ucciso dai nazisti in Trentino

L’Agenzia DIRE cita un altro caso: l’italo-somalo Giorgio Marincola, il “partigiano nero” onorato con la Medaglia al valor militare perché morto combattendo nella resistenza. La sua vicenda è ricostruita dal nipote Antar Mohamed Marincola, scrittore, italo-somalo, nato a Mogadiscio.

Era il fratello di mia madre, Isabella” racconta lo storico all’agenzia Dire: “Entrambi nacquero dall’unione tra nonno Giuseppe e una donna conosciuta in Somalia”.  Partito nel 1919  per la colonia italiana, ritorna in Italia 7 anni dopo, portando con sé due figli avuti dalla compagna somala.

Riconobbe entrambi i figli e li fece allevare in Italia dalla sua seconda moglie, da cui ebbe altri due bambini. Furono una delle primissime famiglie miste in Italia”, precisa lo storico.

Giorgio Marincola e il nipote Antar

Una volta adolescenti, Giorgio e Isabella vengono mandati a Roma per studiare. Al liceo classico dell’Esquilino, Giorgio si lascia affascinare dalle idee anti-fasciste del suo professore di filosofia, Pilo Albertelli, che oggi dà il nome a quell’istituto. L’armistizio dell’8 settembre e l’eccidio delle Fosse Ardeatine in cui Albertelli muore, convincono Giorgio a unirsi alle file della resistenza romana per liberarla dai nazifascisti. La vittoria arriva nel giugno 1944, ma il giovane decide di proseguire la lotta nel nord, dove dopo alterne vicende resta ucciso nella Val di Fiemme, in Trentino, “nell’ultima strage tedesca sul suolo italiano”, ricorda oggi il nipote.

Il libro: Matteo Petracci, Partigiani d’oltremare. Dal Corno d’Africa alla Resistenza italiana, Pacini, Pisa, 2019, pp. 192, € 15,00

Antar Mohamed Marincola, figlio di Isabella Marincola e nipote di Giorgio Marincola, è uno scrittore italo-somalo, nato a Mogadiscio. Vive in Italia dal 1983, dove ha studiato, scritto, recitato, mediato conflitti, tradotto e insegnato. Ha pubblicato Timira con Wu Ming 2  (Einaudi, 2012).

Foto: Archivio Archivi fotografico ANPI, dal sito wumingfoundation.com; Agenzia DIRE

(for libere da copyright, ma se qualcuno vantasse dei diritti, ce ne scusiamo, e su sua segnalazione rimuoveremo immediatamente la foto)