25 anni fa, precisamente10 novembre 1995, il drammaturgo e militante ecologista Ken Saro-Wiwa venne ucciso dal regime del generale Sani Abacha, all’epoca presidente della Nigeria. La sua brutale morte – venne impiccato insieme ad altri attivisti del Movement for the Survival of the Ogoni People (MOSOP) – dimostrò ancora una volta la corruzione e la violenza di cui erano capaci le élite politiche ed economiche nigeriane. Analizzando l’attuale situazione nel Delta del Niger si può dire che non sia cambiato nulla e che le rivendicazioni di Ken Saro-Wiwa a favore del suo popolo, gli Ogoni, rimangono più che mai attuali. Vediamo perché.

Le rivendicazioni di Ken Saro-Wiwa e del popolo degli Ogoni

Ken Saro-Wiwa è stato portavoce dei cittadini nigeriani oggetto di spoliazioni economiche e ambientali da parte delle multinazionali del petrolio. Egli rappresentò in particolare gli Ogoni, popolo che vive proprio in quelle aree del Delta del Niger ricche di giacimenti petroliferi. In quelle zone, le compagnie petrolifere – Shell in primis – con le continue trivellazioni hanno alterato l’equilibrio ecologico della regione, mettendo a serio rischio la fauna e la vegetazione locale. E tutto ciò ha colpito il popolo degli Ogoni, che abita quelle terre.

In uno storico discorso del 1992, tenuto a Ginevra in occasione dell’assemblea dell’Organizzazione delle Nazioni e Popoli non rappresentati, Ken Saro-Wiwa denunciò la situazione con queste parole: “L’attività di estrazione di petrolio ha condotto gli Ogoni alla rovina: le terre, i ruscelli e le insenature sono totalmente e continuamente inquinati; l’atmosfera è avvelenata dai vapori di idrocarburi, metano, monossido di carbonio, biossido di carbonio e fuliggine emessi dal gas che viene bruciato 24 ore al giorno da 33 anni nelle vicinanze delle abitazioni. Pioggia acida e resti petroliferi hanno devastato la terra degli Ogoni. L’alta pressione dei condotti petroliferi attraversa dannosamente le terre coltivabili degli Ogoni”.

Ken Saro-Wiwa divenne una figura-simbolo del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni. Un movimento impegnato nella tutela dell’ecosistema del Delta del Niger e l’autodeterminazione – con mezzi non violenti – del popolo Ogoni. Una grande manifestazione contro l’inquinamento e la distruzione delle loro terre da parte delle multinazionali petrolifere avvenne il 4 gennaio 1993. In quell’occasione, la gran parte della popolazione degli Ogoni scese in piazza.

Due anni dopo, il governo nigeriano, interessato ai profitti dell’estrazione petrolifera (i cui tornaconti maggiori andavano e vanno comunque alle compagnie petrolifere straniere), decise di arrestare i principali esponenti del MOSOP. Ken Saro-Wiwa e altri otto attivisti della comunità degli Ogoni – Baribor Bera, Saturday Doobee, Nordu Eawo, Daniek Gbokoo, Barinem Klobel, John Kpuinen, Paul Levura e Felix Nuate – vennero barbaramente impiccati il 10 novembre 1995.

Cosa accadde dopo la morte di Ken Saro Wiwa

Jenny Green, avvocato del Center for Constitutional Rights di New York, due anni dopo l’uccisione di Ken Saro-Wiwa e degli altri attivisti del MOSOP avviò una causa contro la Shell per dimostrarne il coinvolgimento. Il processo, che iniziò soltanto nel 2009, si concluse con l’immediato patteggiamento della Shell, i cui rappresentanti hanno preferito pagare un risarcimento di 15 milioni e mezzo di dollari (circa 11 milioni di euro), piuttosto che prendere parte ad un processo che li avrebbe costretti a testimoniare di fronte a un tribunale di New York.

In questi anni, le minacce agli Ogoni sono continuate, così come le attività petrolifere inquinanti nelle loro terre. Nei primi mesi del 2013, poliziotti e militari hanno fatto irruzione in alcuni villaggi dello Stato di Rivers, imprigionando sei persone. Gli arresti sono stati provocati dalle contestazioni dei contadini contro la decisione del governo di vendere circa tremila ettari di terreno a una società messicana intenzionata a creare piantagioni di banani.

Olanda, processo Kiobel contro Shell

La Shell rimane una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo. Nonostante gli enormi profitti non ha mai investito seriamente in Nigeria nelle bonifiche delle aree inquinate nella zona del Delta del fiume Niger. La Shell, insieme ad altre compagnie petrolifere, tra cui Eni, fu sollecitata in tale direzione. Secondo associazioni ambientaliste come Friends of the Earth Europe, Environmental Rights Action e Milieudefensie le attività di bonifica hanno interessato solo l’11 per cento dei territori coinvolti, mentre gli altri risultano ancora pesantemente contaminati.

È poi inquietante ciò che è emerso, ovvero numerosi conflitti d’interesse della Shell in merito al lavoro dell’agenzia locale per la bonifica (Hyprep). Conflitti d’interesse che si aggiungono a quelli già evidenti collegati ai rapporti con il governo nigeriano.

Intanto in Olanda prosegue il processo Kiobel contro Shell. Udienze che vogliono far luce sul ruolo avuto dalla compagnia petrolifera nell’esecuzione di nove attivisti nigeriani negli anni Novanta. In questi ultimi due anni anni, 2019 e 2020, Esther Kiobel – vedova di uno dei rappresentanti del MOSOP uccisi nel 1995 – insieme ad altre donne Ogoni stanno testimoniando nel processo contro Shell che si tiene nei Paesi Bassi. Grazie al sostegno di varie organizzazioni, tra cui Amnesty International e Friends of the Earth Europe, Esther e compagne hanno portato la Shell davanti a un tribunale olandese per le attività delle sue filiali in Nigeria. Loro sono determinate a continuare.

Nelle parole di Esther Kiobel: “Questo processo darà un senso di appartenenza e di speranza alle innumerevoli vittime di violazioni dei diritti umani nel mondo”.

Silvia C. Turrin

Per approfondire si veda il Rapporto di Amnesty International sul processo alla compagnia Shell (in inglese)

Foto:FlickCC-Break Free; Amnesty International; behindthelogos.org-Ed Kashi