L’indicibile gioia del settore Gourmanché della diocesi di Niamey nel Niger è stata di breve durata. La festa per liberazione di p. Pier Luigi Macalli, dopo due anni di prigionia nel deserto il passato ottobre, è stata di corte durata.
La settimana scorsa, secondo testimonianze raccolte da testimoni sul posto, almeno 5 persone armate, su due moto, hanno occupato per qualche tempo il cortile della missione dove abitava p. Pier Luigi e un suo confratello.
Gli occupanti, dopo la ‘predica’ nella moschea di un villaggio attiguo a Bomoanga, sono giunti, di sera e tentato invano di aprire la porta della camera di p. Pier Luigi. Hanno portato via cose da poco: materasso e qualche coperta, dalla camera degli ospiti poco lontana.
Questo fatto, dopo un tempo di relativa calma, ha ricondotto la gente, i cristiani in particolare, a ritornare all’antica paura. L’impunità che sembra circondare l’azione di questa gente armata e l’apparente inefficacia delle forze di sicurezza, hanno contribuito a riavvolgere sotto una coltre di timore la vita quotidiana dei cristiani.
Da tempo infatti, gli uomini del villaggio di Bomoanga e presumibilmente di altri in situazione analoga, di notte non dormono nel villaggio. Si nascondono nel boschi del circondario per poi tornare a casa la mattina, ritrovando moglie, figli e il resto della famiglia in attesa. Conseguenza immediata dell’accaduto sono le preghiere in chiesa, che avevano timidamente ripreso e sono di nuovo sospese.
In fondo si tratta di poche cose se messe in relazione col dramma che ha colpito i condadini alla frontiera col Mali qualche giorno fa. Oltre cento persone, tutte di religione musulmana, sono state uccise e oltre dieci mila altre hanno abbandonato le loro case e i loro campi, terrorizzate. Nulla da spartire col piccolo gesto di violenza di Bomoanga.
Nondimeno stupisce questo accanimento anche perché si tratta della parrocchia madre della zona attorno alla nuova chiesa costruita con tanto impegno da p. Pier Luigi. Colpire Bomoanga significa ferire il cuore e la dignità dei cristiani, assai numerosi, nella zona.
Il nome di quanto continua ad accadere potrebbe essere riassunto da due parole.
Una, la più forte, è persecuzione. Cioè il diretto impedimento ad esercitare la libertà di culto e il diritto all’istruzione dei bambini, con la chiusura forzata delle scuole. La seconda parola, forse ancora peggiore, è l’assenza delle autorità che non permette a questi diritti di essere rispettati. Il calvario della parrocchia di Bomoanga non è finito con la liberazione di p. Gigi.
P. Mauro Armanino