La storia del primo docente universitario africano in Germania. È partito da semplice fattorino del duca Antonio Ulrico di Brunswick-Wolfenbüttel, per poi fare una carriera universitaria, fino a diventare professore all’Univerità di Halle- Wittenberg e dare un contributo originale alla filosofia teoretica tedesca. Poi il ritorno in Ghana. Berlino si è ricordata solo nel 2020.

Lo scorso agosto, la città di Berlino ha cambiato l’intestazione di una strada: la Mohren Strasse, ossia Strada dei Mori è diventata Anton Wilhelm Amo Strasse.

Il nuovo intestatario, Anton Wilhelm Amo, è stato il primo filosofo africano a insegnare in un’università tedesca.

Dal Ghana alla Germania

Forte di St Anthony a Axim

Amo nasce nel 1703 ad Axim, in quello che oggi è il Ghana occidentale. A quattro anni viene fatto salire a bordo di una nave della Compagnia olandese delle Indie occidentali che lo porta ad Amsterdam. Da lì ripartirà alla volta di Wolfenbüttel, dove è offerto in dono al duca Antonio Ulrico di Brunswick-Wolfenbüttel, di cui diviene il “moro da camera”, una fuzione dell’epoca, che si può definire “assistente-fattorino di origine africana.”

Il bambino dimostrò subito di essere molto intelligente e il duca, uomo colto e curioso, ne approfittò per fare uno di quei tipici esperimenti illuministi che avevano lo scopo di capire se un “selvaggio” potesse essere scolarizzato e con quali risultati.

Al piccolo, cui fu dato il nome di Anton Wilhelm, venne conferita una completa educazione classica, che prevedeva l’accesso alla biblioteca del palazzo, gestita da Gottfried Wilhelm von Leibniz, ossia da uno dei maggiori filosofi del ’700.

Diventa Amo Afer

Illuministi tedeschi del Settecento

“Non sappiamo quando Anton Wilhelm iniziò a usare il suo nome nzema, Amo” – scrive il filosofo di origine ghaneana Kwame Anthony Appiah, nel libro La menzogna dell’identità, in cui la vicenda di Amo è ripercorsa nel capitolo dedicato al colore come “pretesto” identitario.

“Alla cresima gli archivi ecclesiastici di Wolfenbüttel lo registrano come Anton Wilhelm Rudolph Mohr (Mohr in tedesco significa moro). Successivamente l’uomo si fece chiamare spesso Anton Wilhelm Amo Afer: quest’ultima parola vuol dire africano in latino, che era la lingua usata a scuola. Dunque voleva essere conosciuto come Amo l’Africano”, continua Appiah.

La carriera universitaria

Università di Halle-Wittemberg

Frequentò la Wolfenbüttel Ritter-Akademie, poi l’Università di Helmstedt, quindi quella di Halle, dove coltivò la giurisprudenza. Si trasferì in seguito all’Università di Wittenberg dove studiò logica, metafisica, fisiologia, astronomia, storia, legge, teologia, politica e medicina, imparando anche sei lingue.

Il 10 ottobre del 1730 ottenne il titolo equivalente a un dottorato in filosofia all’Università di Halle-Wittenberg. Qui iniziò a insegnare filosofia con il nome di Antonius Guilelmus Amo Afer e divenne professore nel 1736.

Perfezionò le sue riflessioni teoretiche, e nel 1740 ottenne una cattedra all’Università di Jena. Il massimo per un filosofo dell’epoca.

Ma torniamo ad Amo. All’inizio degli anni ’40 del 1700 si trovava all’apice della sua carriera, ed è proprio in quel momento che per lui le cose cominciarono a mettersi male.

L’ultimo duca di Wolfenbüttel era morto senza eredi. E il nostro si trovò improvvisamente privo della protezione sociale e finanziaria della famiglia che fino a quel momento lo aveva accompagnato.

Il ritorno al paese natale

Il clima sociale, nel frattempo, era mutato in Germania e Amo non riusciva a trovare un incarico universitario. Forse ebbe anche a patire una delusione d’amore.

Nel 1747 decise quindi di tornare nel paese in cui era nato.

Una volta in Ghana ricominciò una nuova vita, di cui si sa poco. Riferisce però William Emmanuel Abraham, nella sua biografia intitolata The Life and Times of Anton Wilhelm Amo, the first African (black) Philosopher in Europe, che un medico navale olandese lo incontrò ad Axim, a metà degli anni ’50.

“Il padre e una sorella erano ancora vivi e abitavano a quattro giorni di viaggio nell’entroterra”, raccontò l’uomo.

Amo era molto rispettato e aveva acquisito “la reputazione di un grande saggio e di uno stregone”.

La sua opera filosofica riscoperta nel XX secolo

Dall’illuminismo alla sapienza africana il passo può essere breve. Amo morì intorno al 1759. La sua opera filosofica fu ignorata dagli intellettuali di Jena, eppure presentava elementi di interessante originalità.

Amo si opponeva al dualismo cartesiano e rifiutava la contrapposizione tra corpo e anima, riconoscendo al corpo, nella sua materialità, la capacità di percepire. All’epoca erano questioni molto sentite e dibattute.

Il doodle che gli ha dedicato Google

L’importanza del suo contributo teoretico fu riconosciuta solo negli anni ’60 del secolo scorso, grazie alla determinazione del suo biografo Abraham e del primo presidente del paese, Kwame Nkrumah, che erano entrambi filosofi. E fu allora che l’Università di Halle-Wittenberg decise di dedicargli un monumento.

Adattato da: Stefania Ragusa,
su Nigrizia di marzo 2021

Foto: Wikipedia