Oyinkan Braithwaite è nata a Lagos, in Nigeria, nel 1988 e ha passato parte della sua infanzia e adolescenza in Nigeria. Quando i suoi genitori si sono trasferiti in Inghilterra, a nord di Londra, Oyinkan ha completato la sua istruzione in due università inglesi, nel Surrey e a Londra, a Kingston, studiando scittura creativa.
Nel 2012 è ritornata a Lagos e qui ha lavorato come assistente editoriale per la casa editrice indipendente Kachifo.
Mia sorella è una serial killer (La nave di Teseo, 2020) è il suo romanzo d’esordio, dopo una serie di racconti brevi, con il quale è stata dichiarata dal Los Angels Times, migliore scrittrice di Crime thriller dell’anno.
La trama è avvincente. La scrittura di Oyinkan ironica, affilata come un coltello.
All’inizio del libro, Ayoola, la protagonista, è già arrivata al suo terzo omicidio. Uccide i suoi ex fidanzati, per autodifesa, o almeno così lei dice. Quindi quando una sera Korede riceve una telefonata della sorella sa già, purtroppo, cosa Ayoola si aspetta da lei: candeggina, guanti di gomma, nervi d’acciaio e stomaco forte. È la terza scena del crimine che le chiede di pulire.
Korede dovrebbe andare dalla polizia ma vuole troppo bene a sua sorella minore, e la famiglia viene prima di tutto. Almeno finché Ayoola, bellissima di cui tutti si innamorano, non inizia a frequentare il dottore con il quale Korede lavora e di cui è innamorata.
Ambientato a Lagos, Mia sorella è una serial killer è tante cose insieme: un libro pulp, una commedia nera, ma anche un’indagine sociologica sulla classe media nigeriana, sui delicati rapporti famigliari.
Il genere thriller non è certo una novità per l’ Africa.
Qui, dalla fine degli anni Novanta, è nata una categoria di scrittori specializzati nel romanzo “noir”. Tra questi il maliano Moussa Konaté (1951-2013), creatore del commissario Habib, personaggio immaginario che insegue i criminali a Bamako. I suoi romanzi polizieschi in Francia sono pubblicati nella prestigiosa collana Gallimard. Konaté nei suoi romanzi esplora l’Africa contemporanea, rivelando un continente diviso tra modernità e rispetto per la tradizione.
In italiano sono stati tradotti La maledizione del dio del fiume (e/o edizioni, 2009), e L’assasinio di Banconi (Del Vecchio editore, 1998).
Un romanzo che in Africa è diventato un libro di culto è Vita a spirale (e/o edizioni, 2017) del senegalese Abasse Ndione. Un noir che mette in scena le tumultuose avventure di Amuyakar Ndooy, giovane taxista spaccone, volto di una Dakar notturna, violenta e corrotta.
In questi ultimi anni c’è stato il vero e proprio boom degli scrittori africani di genere thriller.
Un genere che passa dal thriller politico-economico al romanzo noir sentimentale, ogni volta con un tocco di realismo legato all’Africa contemporanea, rurale e urbana.
Sono diventati un caso letterario le indagini del medico legale Kayo Odamten, del ghanese Nii Ayikwei Parkes o La figlia del re ragno (Fandango, 2019) della nigeriana Chibundu Onuzo, il racconto pieno di colpi di scena dell’amore segreto tra una ragazza dell’alta società e un venditore ambulante.
O ancora, Borderland, di Omar Sheriff Vamba, che ha portato per la prima volta alla ribalta la letteratura noir del suo paese natale, la Liberia.
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A cura di Ludovica Piombino, Biblioteca Africana Borghero
Foto: Nave di Teseo; Del Vecchio; Alchetron