P. Luigino ci scrive dall’Angola, dalla località di Desvio da Barra, in cui è arrivato 4 mesi fa. È una nuova parrocchia, in un quartiere recente, sorto in modo spontaneo e precario, dove tra alcuni anni sorgerà il nuovo porto di Luanda. Ci racconta la vita quotidiana della gente che è venuta a risiedere in questo quartiere, e la dura realtà che la circonda.

Dopo otto anni di servizio in Italia, sono ritornato in Angola e ora mi trovo nella parrocchia Sagrada Família, in una zona che si chiama “Desvio da Barra”. Letteralmente significa “deviazione dell’estuario”; qui, dalla strada statale che da Luanda va a Caxito parte la strada che va alla foce-estuario del fiume Dande e poi continua verso nord, verso il Congo Democratico.

Arrivando mi sono guardato attorno e subito mi è venuta in mente la canzone di Celentano “Il ragazzo della Via Gluck”.

Vent’anni fa in questa zona c’erano colline spoglie, coperte di erba secca, cespugli spinosi e baobab, in lontananza qualche vecchia fazenda di allevamento di bestiame allo stato brado.

Ora c’è una città, o piuttosto, una distesa di case, baracche di lamiera, casette di mattoni e blocchi di cemento e altri materiali di vario genere.

C’è anche un quartiere costruito da un’impresa cinese: condomini tutti uguali di appartamenti per funzionari pubblici e famiglie con un reddito superiore alla media.

Tutt’intorno i terreni sono quasi tutti occupati, a perdita d’occhio; tanta gente venuta dalla città, in fuga dalle periferie malsane e sovraffollate, diventate zone di guerra per la presenza di bande di delinquenti che si dedicano ai furti e alle estorsioni.

Il miraggio di un pezzo di terra dove costruire una casetta li ha attirati in questa zona, assieme alla promessa che un giorno, quando comincerà a funzionare il nuovo porto di Luanda, questa sarà un’area di grande sviluppo e ci sarà tanto lavoro e servizi sociali in abbondanza, scuole e ospedali per tutti.

Per ora è una delle tante nuove periferie anonime, francamente brutte, che si aggiungono alla grande periferia della megalopoli di Luanda che continua a crescere e a dilatarsi a dismisura.

Molti continuano a credere che il sogno si realizzerà, anche perché non hanno alternative; per alcuni il sogno si è spento quasi subito, quando non è addirittura diventato incubo … e lo testimoniano le tante casette cominciate e abbandonate, lasciate in balia dei ladruncoli e delle erbacce.

In fretta si sono resi conto che erano lontani! Lontani dall’amministrazione, dal posto di lavoro, dal centro medico, dalla scuola, dal negozio, dall’acqua …. Lontani da tutto!

Verrebbe da dire: “anche da Dio!” Ma no! Dio non è rimasto a Luanda o altrove, ha fatto bagagli e li ha accompagnati fino a qui. È venuto ad abitare in mezzo a loro: qui in una cappella di pali e lamiere sgangherate, più avanti in una cappella di blocchi di cemento e tetto di lamiera, più in là ancora in una radura sotto un albero, in attesa di trovare una sistemazione un po’meno precaria.

Ma soprattutto nelle comunità che ivi si radunano per la celebrazione della Messa quando il padre visita la comunità, per la celebrazione della Parola, per la catechesi e altre attività, anche di formazione umana come l’alfabetizzazione di adulti e di ragazzi rimasti fuori dal sistema scolastico.

La nostra gente sa che “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” (Salmo 127,1); e sa anche che il nostro Dio ce l’ha nel suo DNA (si fa per dire…) di voler abitare in mezzo ai suoi figli, soprattutto in mezzo ai poveri, così appena nasce un nuovo quartiere, subito si organizza una zona di preghiera, si piantano i pali per una cappellina e la comunità comincia a camminare, a camminare insieme all’Emanuele verso un futuro migliore.

P. Luigino Frattin
Desvio da Barra, Angola