Djaïli Amadou Amal è nata nel 1975 a Maroua, nell’estremo nord del Camerun, da madre egiziana e padre fulani (o peul, la popolazione seminomade diffusa nell’Africa occidentale, conosciuta anche come fulbe o peul).

Data in sposa a 17 anni, liberatasi del primo e poi del secondo marito, fugge nella capitale Yaoundé. Qui comincia una nuova vita lavorando, scrivendo e fondando l’Associazione per l’istruzione femminile Femmes du Sahel.

Nei suoi romanzi, Walaande, l’art de partager un mari (2010), Mistiriij, la mangeuse d’ames (2013), e nel recente Le impazienti (Editrice Solferino, 2021), racconta la condizione delle donne nella cultura tradizionale fulani, esplorandone i nuovi e vecchi problemi, legati principalmente al matrimonio poligamico e alla totale mancanza di potere decisionale. L’edizione francese del romanzo Le impazienti si è aggiudicata il Goncourt des Lycéens nel 2020.

La trama de Le impazienti è molto autobiografica: Ramla deve lasciare gli studi a diciassette anni per sposare un uomo di cinquanta. Sua cugina Hindou sembra più fortunata perché lo sposo che le viene assegnato, Moubarak, è bello e giovane, ma non sarà così.

Safira è stata per oltre vent’anni l’unica moglie del notabile del luogo e deve accettare all’improvviso la nuova sposa Ramla.

Il perché del titolo l’autrice lo spiega in un’intervista .

“Nella cultura peul, una delle virtù fondamentali è la pazienza, munyal, intesa come accettazione. Bisogna portare pazienza, accettare il destino che è stato deciso per noi, non c’è altra scelta. Il destino di una donna peul viene scelto non dai suoi genitori, ma da tutto il villaggio, da qualsiasi adulto. La cultura tradizionale schiaccia ogni evoluzione individuale”.

Le sue protagoniste sono impazienti perché non si arrendono.

Naturalmente anche l’Islam radicalizzato ha un peso in tutto questo.

Le influenze letterarie di Djaïli Amadou Amal sono la letteratura francofona e africana contemporanea e, soprattutto, la scrittrice senegalese Mariama Ba, che per prima, negli anni ‘70, ha trattato nei suoi romanzi la condizione femminile nell’Africa tradizionale.

“Affinché il mio romanzo abbia un valore universale, non va letto come la storia esotica che riguarda una lontana cultura africana. La violenza e la sopraffazione sono anche psicologiche, cominciano con una parola sbagliata, la negazione dei diritti o di una parità di trattamento”.

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A cura di Maria Ludovica Piombino
Biblioteca Africana Borghero