Pubblichiamo un’intervista al confratello Anthony (nome di fantasia) che ha lasciato la sua testimonianza come ex-studente in un seminario SMA sostenuto dalle BSAG (Borse di Studio per seminaristi SMA africani), ma che ha preferito mantenere riservata la sua identità. Lo ringraziamo per aver condiviso con tutti noi la sua esperienza vocazionale.

Come è nata la tua vocazione e come hai incontrato la SMA?

La SMA è presente nella mia parrocchia di origine, è lì che l’ho conosciuta. Ad un certo punto, è nato in me il desiderio di approfondire il mio rapporto con il Creatore; perciò ho voluto studiare e formarmi per approfondire la mia fede.

Da questo cammino ho visto che nasceva in me uno spirito di servizio che è sfociato nel sacerdozio. Strada facendo ho scoperto che la fede può essere vissuta come servizio per gli altri e non è solo una cosa privata.

Quali sono i ricordi più belli della tua esperienza di studi con la SMA?

La vita comunitaria è l’aspetto più bello del percorso in seminario: eravamo tanti studenti, ogni anno fra i 30 e 40; ho ricordi bellissimi dei momenti vissuti insieme a loro. Anche gli attimi in cui si scopre il primo desiderio, la prima motivazione personale verso il sacerdozio sono momenti belli e interessanti che custodisco con soddisfazione.

Quanto ha inciso la Borsa di Studio nel tuo percorso per diventare sacerdote?

In realtà non posso parlare solamente di BSAG, ma devo tenere conto di tantissimi benefattori che, dando un poco ciascuno, insieme fanno sì che ogni seminarista possa diventare sacerdote missionario. Da studenti, sappiamo che tante cose della nostra vita in seminario sono pagate dalla SMA: la corrente elettrica, l’acqua, il cibo, i libri, i viaggi, le medicine…

A questo proposito, mi viene in mente un proverbio africano: “Ci vuole un villaggio intero per far crescere un bambino”. Cioè la formazione umana, sociale e spirituale di un singolo dipende da tantissime persone. Ognuno porta qualcosa in dono nella crescita degli altri.

Anche se da bambini non conosciamo tutte le persone che ci hanno preso fra le loro mani, sappiamo che, se oggi siamo sacerdoti, lo dobbiamo a tantissimi fratelli e sorelle che si sono presi cura di noi, materialmente o con la preghiera.

Io ho viaggiato, sono andato a scuola, mi sono curato: anche se non conosco tutte le persone che hanno donato qualcosa per me, sono consapevole che ciò è successo e di questo sono molto grato!

Intervista a cura di Marta Farruggia