Autore di fama mondiale, Alain Mabanckou (Pointe-Noire, Repubblica del Congo, 1966) per le sue numerosissime opere letterarie ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti tra cui il Prix Renaudot, il Prix Georges Brassens e il Grand Prix de Littérature Henri Gal, conferitogli dall’Académie française.

Nel 2015 è stato finalista al Man Booker International Prize ed è entrato nella cinquina del Premio Strega europeo con Pezzi di vetro (66thand2nd, 2015).

Pezzi di vetro è il romanzo che ha dato fama mondiale a Mabanckou ed è considerato unanimemente il suo capolavoro.

Oggi Mabanckou vive a Santa Monica, in California. Le sue opere sono tradotte in una decina di lingue tra cui inglese, americano, ebraico, coreano, spagnolo, catalano e italiano .

Memorie di un porcospino è stato ripubblicato da 66thand2nd, Collana Bazar,  nel 2017. È un racconto estremamente originale per diversi motivi.

Stilistico: l’unico segno ortografico usato dall’autore è la virgola. Mai un punto, una sospensione. Un racconto tutto di seguito. Un monologo lunghissimo e affascinante.

Narrativo: il protagonista, la voce narrante, è un piccolo porcospino. Non un porcospino qualunque, ma un saggio, un filosofo, un esserino dalla personalità inquieta.

E infine, tematico. Il porcospino è il “doppio-nocivo”, l’alter-ego nel mondo animale, di Kibandi, del villaggio di Sekepembe, un ragazzino mite che con il tempo, a seguito di una bevanda iniziatica, si trasforma in un feroce assassino.

L’autore ha scritto questo romanzo (il secondo della trilogia inaugurata nel 2005 da Verre Cassé) con grande ampiezza e originalità. La sua è una favola leggera e terribile, la narrazione precisa di eventi crudeli e inevitabili, omicidi e vendette a colpi di aculei. Il punto di vista animale sugli uomini e sulla nostra ottusità.

Non certo superficiale, ma narratore in qualche modo epico, il piccolo porcospino alter-ego animale, ci conduce dall’inizio alla (forse) fine, nella vita normale e terribile di un villaggio della brousse africana. Sintesi di tante verità inquietati, popolato da doppi-nocivi e doppi-pacifici, da esseri umani (neri e bianchi) buoni e cattivi, onesti e truffatori. E dove il punto di vista non è mai uno soltanto.

“Un racconto crepuscolare illuminato dalla poesia e dall’ironia” (Le Point).

Una favola filosofica, divertente e terribile.

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A cura di Maria Ludovica Piombino
Biblioteca Africana Borghero