di Silvia C. Turrin
Si estende per un’area di circa 7.800 km² e racchiude al suo interno un ecosistema unico, dove vivono diverse specie animali, tra cui okapi, diverse specie di antilopi, leopardi e gorilla di montagna. È il Parco nazionale Virunga, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), confinante con Uganda e Ruanda. Si tratta della più antica area protetta dell’Africa, nata nel 1925 e dal 1979 è stato incluso dall’Unesco nella lista dei patrimoni dell’umanità, al fine di proteggerlo dalle continue minacce provenienti dalle attività dell’uomo.
Trovandosi in una delle zone più rigogliose del continente africano è un vero e proprio polmone verde, che richiama purtroppo vari interessi illeciti. I bracconieri sono desiderosi di accumulare denaro attraverso il contrabbando di specie animali rare, mentre le multinazionali straniere tentano di controllare e sfruttare gli enormi giacimenti minerari presenti in quest’area.
Nonostante i numerosi interventi di conservazione di varie associazioni ambientaliste, il fragile equilibrio del Parco del Virunga è minacciato da alcune società petrolifere, desiderose di realizzare ricerche e perforazioni per scoprire nuove zone dove attingere l’oro nero.
E il governo di Kinshasa – anche per effetto delle conseguenze prima della pandemia, e adesso della guerra in Ucraina – sta spalancando la strada a uno sfruttamento indiscriminato delle risorse minerarie. L’attuale élite che detiene le redini del potere nella Repubblica Democratica del Congo ha dichiarato di voler mettere all’asta i diritti di sfruttamento dei giacimenti petroliferi anche nelle zone protette del paese. Tra queste rientra il Parco del Virunga.
Per l’attuale Presidente Félix Tshisekedi l’iniziativa rappresenta una svolta epocale nella storia economica di questa nazione, da secoli nel mirino di tanti attori stranieri proprio per le sue enormi ricchezze.
Due opposte visioni
A seguito di questa controversa iniziativa, nella RDC si sono creati due opposti fronti. Da un lato, vi sono coloro che hanno interessi, economici e non, nel sostenere l’ampliamento delle concessioni per lo sfruttamento petrolifero; dall’altro, vi è un gruppo numeroso, formato non solo da ambientalisti, ma anche da tanti esponenti della società civile e da vari rappresentanti politici che è fortemente contrario, perché comprometterebbe l’habitat delicato del Parco del Virunga.
Patient Muamba, di Greenpeace Afrique, da anni impegnato nella salvaguardia delle foreste tropicali, ha dichiarato alla stampa francese: “Noi chiediamo al Presidente di annullare questo progetto suicidario per il nostro ambiente, poiché queste concessioni rischiano di avere un impatto negativo sul clima, sulla biodiversità e sulle comunità locali”.
Dello stesso avviso è il deputato parlamentare Jadot Kasereka Mangwengwe, il quale ritiene che occorrerebbe proteggere l’ambiente e privilegiare le popolazioni che possono trarre benefici grazie alla valorizzazione del Parco nazionale del Virunga. Mangwengwe ha sottolineato i pericoli dello sfruttamento petrolifero in una zona con ecosistemi complessi. Si alimenterebbe un inquinamento del suolo e ciò creerebbe problemi alle persone che lavorano all’interno del Parco.
“Il parco è un patrimonio che dobbiamo proteggere”, ha sottolineato Mangwengwe.
Già anni fa, le élite politiche avevano cercato di promuovere vari progetti d’estrazione petrolifera in una regione con una fragile biodiversità, che comprende scimpanzé, ippopotami, elefanti. Ricordiamo che le pendici boscose dei monti Virunga sono popolate anche dai gorilla di montagna, la cui esistenza è sempre minacciata dai bracconieri.
In passato, la nota zoologa statunitense Dian Fossey aveva lanciato una dura e pacifica battaglia contro i bracconieri, ed è proprio per questo suo infaticabile impegno che è stata uccisa.
L’etologa britannica Jane Goodall è un’altra donna che ha lavorato per decenni, e che continua a lavorare, a favore della protezione dei primati e in particolare degli scimpanzé.
Grazie agli sforzi e alla perseveranza di tante persone, attraverso vari progetti di tutela il numero dei gorilla di montagna è di poco aumentato rispetto a qualche anno fa. Si stima che ve ne siano circa mille, rispetto ai 400 censiti nel 2010.
Natura contro interessi economici
I progetti d’esplorazione petrolifera minacciano anche la popolazione locale, la quale ha accolto con entusiasmo e consapevolezza l’idea che proteggere il Parco significa ottenere vantaggi economici e sociali. Infatti, il turismo viene alimentato grazie alla presenza di una fauna e flora uniche al mondo. Con il turismo giungono all’interno del parco importanti introiti, che permettono di migliorare le condizioni di vita delle genti che lavorano nell’area protetta.
L’attuale governo della RDC è perfettamente consapevole di tutto ciò. Ricordiamo che il Presidente Félix Tshisekedi, nel 2021, nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) di Glasgow, si impegnò a favore della protezione delle foreste tropicali della RDC, tanto da ottenere un corposo sostegno finanziario di 500 milioni di dollari.
Il progetto della RDC non risulta pericoloso soltanto per il Parco nazionale del Virunga, ma anche per gli equilibri climatici globali già fortemente compromessi. Gli ambientalisti affermano che l’estrazione del petrolio nelle aree aperte a nuove concessioni libererebbe una grossa quantità di CO² nell’atmosfera, ovvero uno dei principali gas serra che provoca l’aumento delle temperatura sul pianeta.
Foto: wikimedia.org