Djarah Kan (1993), scrittrice, attivista e femminista italo-ghanese, è nata e cresciuta nella provincia di Caserta. Dal 2018 si è trasferita a Napoli.

Dell’Africa ha visto poco o niente, ma conosce tutti gli stereotipi che da sempre si sente rivolgere. Quell’idea che i bianchi hanno dell’Africa e degli africani, un’ idea stereotipata, racchiusa tra povertà totale e ricchezze immense.

Appassionata di letteratura italiana, musica elettronica, pittura e filosofie africane, inizia a scrivere di sé e del mondo che la circonda in un blog, Kassava Call, dedicato alla vita quotidiana della sua città, Castel Volturno.

Del suo blog ha detto:

“Nel 2008 a Castel Volturno ci fu la strage di San Gennaro: un massacro in cui vennero uccisi sei immigrati africani, vittime innocenti della camorra. Da quel momento arrivarono molti giornalisti e la città venne raccontata come il peggio del fenomeno migratorio in Italia. Non voglio negare che questi problemi ci fossero, ma c’era anche dell’altro. C’erano degli essere umani, ma a nessuno sembrava interessare.

Eravamo corpi neri sullo sfondo. Nel mio piccolo, quindi, ho iniziato a scrivere delle storie sul luogo in cui vivevo, senza la pretesa di fare del giornalismo, ma solo di raccontare uno sguardo differente (…)È complesso vivere in un Paese in cui la discussione sul razzismo è anni luce indietro rispetto agli altri. Io mi sento invisibile.

Non si è ancora capito bene qual è la nomenclatura da usare quando si parla di noi giovani scrittrici nere italiane. Siamo afroitaliane? Afrodiscendenti? Di seconda generazione? O italiane?”

Djarah Kan ha pubblicato per diverse riviste, fino a partecipare al Women’s creative mentorship project e all’International writing program finanziato dall’Università dell’Iowa.

Nel 2019 un suo racconto, Il mio nome, è apparso nell’antologia Future, il domani narrato dalle voci di oggi (a cura di Igiaba Scego, Effequ, pp.57-65) e nel 2020 è uscito Ladri di denti (Peoplepub), sette storie brevi per raccontare il razzismo e le relazioni tra le persone.

Djarah Kan stessa ha spiegato il perché del titolo:

“Nella vita le storie che ho imparato ad osservare e raccontare sono la storia comune di persone a cui viene portata via la pelle, la storia, la narrazione di sé, il corpo, e infine i denti, che sono tutto per un essere umano. Ho scritto queste storie pensando a quei ladri.

L’immagine [della copertina] è nata dal mio desiderio di restituire la sensazione fisica di un’esperienza che ho sempre sperimentato nella mia vita.

I ladri di denti sono i proprietari di quelle braccia che emergono dalle acque. Braccia bianche di un sistema razzializzato che modifica a profondità pazzesche, le relazioni tra gli esseri umani. Nel libro ci sono racconti che trattano di amore, di smarrimento, di famiglie. Ma ognuna di queste singole esperienze vengono raccontate dal un’angolazione differente”.

Djarah Kan ci racconta con immediatezza, precisione chirurgica e ritmo i nostri razzismi quotidiani, gli stereotipi, le chiusure e ignoranze.

I libri qui citati, e altri libri in lingua originale o in traduzione italiana di scrittrici e scrittori africani, li puoi trovare nella nostra Biblioteca Africana Borghero, ed avere in prestito con lo scambio inter-bibliotecario, rivolgendoti alla tua Biblioteca abituale. Vai alle pagine del nostro sito dedicate alla Biblioteca.

A cura di Maria Ludovica Piombino
Biblioteca Africana Borghero