Il regime razzista dell’apartheid ha costretto  la popolazione  asiatica sudafricana a particolari limiti e segregazioni, in quanto né bianca né nera.

La scrittrice Farida Karodia, nata a Città del Capo da padre immigrato dal Punjab, nel suo romanzo Other secrets (Penguin books, 2000) – dedicato alla comunità asiatica e pubblicato quando in Sud Africa la Commissione per la verità e la riconciliazione, voluta da Nelson Mandela, cercava di uscire dal passato razzista anche attraverso la conoscenza della letteratura – racconta la storia di Jasmin e Meena, due sorelle nate in una famiglia di commercianti indiani, costretti a vivere in una comunità rurale, nella quale la maggioranza è composta da neri.

In modi molto diversi, le due ragazze riescono a far superare il pregiudizio nei loro confronti, grazie anche alla solidarietà femminile, rimasta inalterata, generazione dopo generazione.

L’essere lontani da casa, lontani dall’India, rende le comunità asiatiche molto forti, attaccate alle proprie origini e alla propria identità di lingua, religione, usanze e stili di vita. Si creano, negli anni, quartieri assolutamente identici a quelli abbandonati al di là dell’Oceano Indiano.

Esempi di questa vitalità si trovano nell’antologia di storie brevi di scrittrici sudafricane, Il vestito di velluto rosso, a cura di  Maria Paola Guarducci, (Edizioni Gorée, 2006).

Dà il titolo alla raccolta proprio il racconto di Farida Karodia, sulla dolorosa ricerca della propria identità.

Nell’antologia troviamo altri due lavori di scrittrici afro-asiatiche: Amiche di Jajapraga Reddy, che affida alle voci di Phunza e Asha i disagi della diaspora asiatica in Sudafrica, e Meticci di Rayda Jacobs. Nata a Città del Capo, Jacobs ne descrive le classi più agiate: Sabah “né bianca né nera”, è accusata di aver rubato un documento di identità ad una donna bianca per iscriversi all’Università e promuoversi socialmente. L’eroina Sabah tornerà in due suoi successivi lavori: Postcards from South Africa (Cape Town, Double Storey, 2004) e Middle children (Sumach Press), un ciclo di 14 racconti autobiografici scritti  in Canada,  dove la scrittrice ha scelto di vivere.

Rayda Jacobs è la più prolifica tra le tre autrici. In italiano è stato tradotto il suo romanzo Confessioni di una giocatrice d’azzardo (Del Vecchio, 2010) .

“Abeeda ha quarantanove anni, è musulmana e vive a Città del Capo. È la seconda di tre sorelle, ha quattro figli ed è divorziata. Apparentemente forte e sicura di sé, convive in realtà con un prepotente spirito autocritico e con l’incalzante timore di non fare le scelte giuste. Ma ancora di più, è assillata da un profondo senso di colpa nei confronti di sua sorella minore, poiché ama, corrisposta, il marito di lei. Dunque una stabilità emotiva costantemente in bilico la sua, un equilibrio precario che lei cerca di temprare avvicinandosi alla preghiera e rivolgendosi a Dio. Il suo impegno viene però totalmente annientato dalla morte del suo ultimo figlio. Abeeda non riesce a darsi pace e né l’amore per i figli rimasti, né le pratiche religiose riescono a donarle conforto. Distrutta, si abbandona al gioco d’azzardo. Sarà per lei l’inizio di una schiavitù asfissiante, un giogo che la costringerà ad affrontare i propri scheletri, a combattere con se stessa e a fronteggiare il suo stesso dolore”.

Il romanzo è stato oggetto di una trasposizione cinematografica e ha vinto i premi letterari  letterario Herman Charles Bosman e il  Sunday Times per la narrativa.

A cura di Maria Ludovica Piombino,
Biblioteca africana Borghero