Nato nel 1966 a Parigi, da madre francese e padre senegalese, David Diop ha trascorso la giovinezza in Senegal prima di tornare in Francia per completare gli studi e insegnare letteratura del diciottesimo secolo all’Università di Pau.

Nel 2012 ha pubblicato la sua prima opera, il romanzo storico 1889, l’attraction universelle, racconto sulla delegazione senegalese, composta da 11 membri, all’Esposizione universale di Parigi. Nel 2018 esce il suo secondo, pluripremiato romanzo, Fratelli d’anima (Neri Pozza, traduzione di Giovanni Bogliolo). La storia di Alfa Ndiaye, un fuciliere senegalese , o di un cioccolatino dall’Africa nera come il capitano Armand chiama i “suoi” soldati africani.

Il capitano, prima di ogni assalto, non manca di ricordare loro che sono l’orgoglio della Francia: i piú coraggiosi dei coraggiosi, un autentico incubo per i nemici che hanno paura dei negri selvaggi, dei cannibali, degli zulú. Un giorno Alfa Ndiaye, dopo aver assistito alla morte di un suo compagno, inizia a delirare e decide di vendicare l’ amico morto uccidendo più tedeschi possibili, i nemici dagli occhi azzurri. Sarà accusato dai compagni di stregoneria.

In un’intervista al New York Times, Diop ha fatto notare che in Francia non si parla mai dei soldati che provengono dai paesi colonizzati, quando in realtà in Senegal vengono visti come eroi e sfilano ogni anno nelle parate. Il romanzo è valso a Diop il prestigioso Goncourt des Lycéens e il Premio Strega europeo 2019.

Fratelli d’anima mostra come nel naufragio totale della civiltà, rappresentato dalla Grande Guerra, non soltanto l’Europa, ma anche una parte non trascurabile dell’Africa, ha perso la sua anima e la millenaria tradizione che custodiva.

La porta del non ritorno (Neri Pozza, 2023, traduzione di Margherita Botto) è l’ultimo romanzo di David Diop, tradotto in più di trenta Paesi.

È la storia di un personaggio realmente esistito, il botanico Michel Adanson (1727-1806), il primo naturalista bianco a recarsi in Senegal. La porta del non ritorno è il triste soprannome dato all’isola di Gorée, da dove sono partiti milioni di africani durante la tratta degli schiavi.

Ed è qui che inizia la storia, nel 1750. Una sorta di diario scritto in prima persona.

Obiettivo di Michel Adanson è la catalogazione di tutti gli esseri viventi del Globo terrestre, la compilazione di un’Enciclopedia di tutta la fauna africana (siamo nell’Età dei lumi e Adanson incarna perfettamente il periodo in cui vive).

Ma dopo due anni di ricerche scientifiche in Senegal, splendido Eden dalle foreste d’ebano e dalle infinite coste luminose, quando si trova nel villaggio di Sor, ascoltando la voce dei griot, Adanson viene a conoscenza della tragica scomparsa di Maram, una giovane donna rapita ma sfuggita agli schiavisti.

La spedizione punta allora a trovare la ragazza e nella ricerca Adanson si renderà conto sempre di più che la sua visione del mondo occidentale bianco è obsoleta. Maram simboleggia il cuore dell’Africa depredata di cui correggere il tragico destino.

Un romanzo di metafore e allegorie. Adanson è un Orfeo bianco alle soglie di un inferno riservato all’uomo nero (Télérama).

 

A cura di Maria  Ludovica Piombino
Biblioteca africana Borghero


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