Nel corso del mese di maggio, l’agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID) e il Programma alimentare mondiale (PAM) hanno deciso di sospendere gli aiuti alimentari alla popolazione del Tigrai. Ciò sta avendo gravissime conseguenze in questa regione dell’Etiopia, ripiombata in una grave penuria alimentare, e già devastata da anni di conflitto.

Perché sospendere gli aiuti alimentari?

Questa decisione presa dall’Agenzia statunitense USAID e dal PAM – che dal punto di vista umanitario appare assurda – viene ufficialmente giustificata col fatto che proprio una parte degli aiuti alimentari è stata “dirottata e venduta sul mercato locale”.

Così ha affermato Samantha Power, responsabile dell’Agenzia USAID. Anche i rappresentanti del PAM hanno sottolineato la necessità di maggiori controlli da parte delle autorità etiopi in merito alla gestione e alla distribuzione degli aiuti.

In pratica, questa sospensione proseguirà sino a quando non verranno fornite garanzie effettive che il cibo e gli aiuti raggiungano effettivamente la popolazione bisognosa.

L’appello del vescovo dell’Eparchia cattolica di Adigrat

Abune Tesfaselassie Medhin, vescovo dell’Eparchia cattolica di Adigrat, ha lanciato in questi giorni un accorato appello indirizzato in particolare al PAM e all’Agenzia USAID. Un appello nato dall’urgenza di evitare una catastrofe umanitaria causata dalla penuria di alimenti nel Tigrai.

“Negli ultimi anni, abbiamo assistito a una terribile guerra nella regione del Tigrai e nelle aree limitrofe. Nel corso del conflitto abbiamo visto le forze belligeranti distruggere e rubare le risorse alimentari delle case e dei campi appartenenti alla popolazione. Per molti mesi non è stato possibile far giungere gli alimenti a coloro che ne avevano un disperato bisogno. E anche dopo aver ottenuto l’autorizzazione per la distribuzione degli aiuti alimentari, alcuni, non riuscendo a controllare la propria avidità, hanno sottratto il cibo agli sfollati e ai disperati”.

Secondo la Dichiarazione universale dei diritti umani, tutti gli esseri umani hanno diritto a un accesso sicuro a sufficienti quantità di cibo. In nome della nostra comune umanità non dovremmo mai permettere che si sottragga il cibo a coloro che non ne hanno e lo cercano per la propria sussistenza.

[…] “se da un lato è totalmente inaccettabile e inumano dirottare e rubare gli aiuti alimentari, impedendo che essi raggiungano le popolazioni estremamente bisognose del Tigrai e di altre regioni dell’Etiopia, voglio altresì invitare coloro che hanno potere decisionale a considerare la nostra comune umanità, implorandoli di non condannare a morte coloro che cercano di sopravvivere in seguito a un terribile conflitto armato, coloro che in questo momento stanno morendo”.

Una penuria alimentare mai risolta

La carenza di cibo nel Tigrai perdura da almeno due anni. Nel 2022, il PAM aveva allertato che quasi il 90% della popolazione di questa regione dell’Etiopia si trovava in una situazione di insicurezza alimentare. Una situazione ben peggiore rispetto a quella del 2021. La causa sono i lunghi mesi di guerra tra il governo di Addis Abeba e il movimento ribelle del Tigrai. Mesi che hanno provocato carenze alimentari e difficoltà – talora impossibilità – ad accedere a servizi essenziali come l’elettricità. Problemi gravi di malnutrizione riguardano soprattutto i bambini, ma anche gli adulti rischiano malattie causate da denutrizione.

Secondo recenti dati ONU (del 14 giugno), il numero di bambini ricoverati negli ospedali del Tigrai a causa della malnutrizione è aumentato del 196% tra l’aprile 2022 e l’aprile del 2023.

La decisione del PAM e dell’Agenzia statunitense giunge come un macigno, nonostante il 2 novembre 2022, il governo federale etiope e il Tigray People’s Liberation Front (TPLF) giunsero finalmente a un “Accordo di cessazione delle ostilità”.

La mancanza di cibo dovuta alla sospensione degli aiuti sta provocando centinaia di morti. Secondo funzionari e ricercatori locali, almeno 700 persone nella regione settentrionale del Tigrai sono decedute per inedia da quando non arriva più il sostegno internazionale.

Intanto, il governo etiope si sta preparando a lanciare la quarta fase di riempimento dell’invaso della mega-diga sul Nilo Azzurro. La Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) da 4,2 miliardi di dollari , i cui lavori sono iniziati nel 2011, è destinata a diventare la diga più imponente d’Africa e la settima più grande al mondo.

Il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali – insignito tra l’altro del premio Nobel per la pace nel 2019non sembra far nulla per risolvere i problemi alimentari e, anzi, alti responsabili del governo di Addis Abeba sono stati accusati da Associazioni umanitarie di coinvolgimento nella penuria di cibo nel Tigrai. Già l’ONU aveva denunciato entrambe le parti – ribelli del Tigrai e forze governative etiopi – di “utilizzare la fame come metodo di guerra”.

È sempre la popolazione civile che subisce le terribili conseguenze delle guerre. È così che accade nei tanti luoghi del mondo in cui è in atto un conflitto.

Concludiamo questo Articolo ricordando le seguenti parole pronunciate da Papa Francesco il 23 ottobre 2022 al termine della recita dell’Angelus domenicale in piazza San Pietro.

“Con trepidazione seguo la persistente situazione di conflitto in Etiopia. Ancora una volta ripeto con animo accorato che la violenza non risolve le discordie, ma soltanto ne accresce le tragiche conseguenze. […] Possano gli sforzi delle parti per il dialogo e la ricerca del bene comune condurre a un concreto percorso di riconciliazione. Non manchino ai fratelli e alle sorelle etiopi, così duramente provati – aveva concluso il Pontefice – la nostra preghiera, la nostra solidarietà e i necessari aiuti umanitari”.

Silvia C. Turrin

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