Nel corso di questo mese di novembre Etiopia, Somalia e Kenya sono state colpite da gravi inondazioni, dovute alle forti piogge di queste settimane.

Il numero degli sfollati è impressionante. Nella sola Somalia si parla di oltre un milione di persone che hanno bisogno di aiuto umanitario.

Le intense piogge sono cadute proprio in quelle stesse zone colpite nei mesi precedenti da una gravissima siccità.

Come ha sottolineato Shashwat Saraf, Direttore delle urgenze per l’Africa orientale del Comitato Internazionale di Soccorso (l’International Rescue Committee), già prima delle inondazioni erano quasi 15 milioni le persone che si trovavano in una condizione di insicurezza alimentare. Molte di loro hanno subito i danni delle terribili alluvioni. Nella sola Somalia, migliaia e migliaia di ettari di terreno sono stati inondati. Ciò significa ingenti perdite agricole, che aggravano ancor di più l’insicurezza alimentare nella regione. A ciò si aggiunge il pericolo della trasmissione di malattie.

Questi eventi estremi nel Corno d’Africa sono legati sia alla crisi climatica, sia al fenomeno meteorologico noto col nome di El Niño, che ha provocato fenomeni piovosi estremamente intensi. Pioggia che è caduta su territori fragili e aridi per effetto di uno dei periodi di siccità più gravi degli ultimi decenni.

Secondo varie associazioni non governative e attivisti ambientali, l’Africa orientale e più in generale l’intero continente africano è l’epicentro della crisi climatica in atto: e gli effetti del riscaldamento globale sono sempre più devastanti.

Se si analizzano gli eventi meteorologici intensi del solo 2023 in Africa, risulta chiaro come siano in pericolo milioni di persone.

Oltre alle inondazioni in Kenya, Etiopia e Somalia, si sono verificate alluvioni a ottobre in Ghana: più di 26mila persone avevano dovuto lasciare le loro abitazioni, mentre gli agricoltori hanno visto i loro campi distrutti. Nel mese di settembre, la tempesta Daniel e le piogge inedite in un territorio come quello libico hanno provocato la morte di migliaia di persone. La città più colpita è stata Derma.

A luglio è stata la volta della Costa d’Avorio, dove sono morte 30 persone sempre per le piogge intense. Repubblica Democratica del Congo, Ruanda, Uganda, Malawi, Madagascar, Mozambico, Ile Maurice… è lungo l’elenco dei paesi africani colpiti nel solo 2023 da inondazioni dovute a tempeste, cicloni, piogge intense.

Ormai è sempre più evidente come il continente africano subisca in modo drammatico le conseguenze dei cambiamenti climatici, sebbene le sue emissioni di gas serra siano state e siano ancora davvero irrisorie.

Poiché tutto è collegato, è chiaro che siccità e alluvioni aggravano i problemi alimentari. Se non c’è cibo, se non c’è la terra da coltivare o se le condizioni meteo non permettono più di seminare, allora migliaia di persone sono costrette ad abbandonare i loro paesi d’origine, rinforzando i fenomeni migratori. In questo caso, in termini tecnici e un po’ sterili si parla di “migranti ambientali”.

Se leggiamo il Rapporto del 2022 sullo stato del clima in Africa, si nota come l’aumento delle temperature nel continente si sia accelerato nel corso degli ultimi anni.

Per questo si rivela cruciale per l’Africa e per l’intero pianeta la 28ª Conferenza delle parti sui cambiamenti climatici (Cop28) che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023.

I 198 Stati partecipanti hanno la responsabilità di prendere forti, efficaci, incisive decisioni per evitare che il global warming (il riscaldamento globale) e i mutamenti veloci del clima raggiungano una soglia in cui la specie umana non sarà più in grado di intervenire e agire per salvare la Terra e i suoi abitanti.

Come si legge nella Laudate Deum” di Papa Francesco:

Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti. Nessuno può ignorare che negli ultimi anni abbiamo assistito a fenomeni estremi, frequenti periodi di caldo anomalo, siccità e altri lamenti della terra che sono solo alcune espressioni tangibili di una malattia silenziosa che colpisce tutti noi.

[…]

Se c’è un sincero interesse a far sì che la COP28 diventi storica, che ci onori e ci nobiliti come esseri umani, allora possiamo solo aspettarci delle forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili. Questo al fine di avviare un nuovo processo che sia drastico, intenso e possa contare sull’impegno di tutti. Ciò non è accaduto nel cammino percorso finora, ma solo con un tale processo si potrebbe ripristinare la credibilità della politica internazionale, perché solo in questo modo concreto sarà possibile ridurre notevolmente l’anidride carbonica ed evitare in tempo i mali peggiori.

Speriamo che quanti interverranno siano strateghi capaci di pensare al bene comune e al futuro dei loro figli, piuttosto che agli interessi di circostanza di qualche Paese o azienda. Possano così mostrare la nobiltà della politica e non la sua vergogna. Ai potenti oso ripetere questa domanda: «Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?».

A cura di Silvia C. Turrin

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