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Nel dibattito pubblico sull’immigrazione viene spesso sollevata la questione dell’”aiutarli a casa loro”. Ma sappiamo cosa significhi davvero? O lo usiamo solo come slogan”? La nostra analisi in 9 punti

1. NON ESISTONO SOLUZIONI SEMPLICI

 Il recente accordo tra UE e Turchia riguardo ai rifugiati e il dibattito generale sul tema migrazioni continuano a focalizzare l’attenzione sulla gestione – o meno – degli effetti dei flussi migratori solo nella loro dimensione finale (quando prossimi all’Europa). Continua a mancare, invece, una presa di coscienza delle dinamiche complessive, cosa che permetterebbe di concentrarsi sulle vere questioni chiave e non focalizzarsi solo su presunte soluzioni di breve periodo – che, oltre a porre notevoli dubbi dal punto di vista etico, di fatto continuano solo a rincorrere improbabili soluzioni, semplici e a basso costo, per problematiche che richiederebbero ben altro.

2. NON SOLO CONFLITTI

In particolare, se per la questione siriana (causa comunque di circa il 50% degli arrivi nel 2015 secondo l’UNHCR) la causa primaria è ben nota, rimane invece totalmente fuori dal dibattito pubblico la questione delle disparità socioeconomiche nei Paesi di origine dei molti migranti africani. Tale aspetto, come abbiamo fatto notare anche per la questione dell’olio tunisino, risulta fondamentale, perché esso non si applica solo a quei migranti definiti “economici”, dato che la stabilità e lo sviluppo servono infatti anche per ridurre l’incidenza e la presenza di fenomeni violenti legati a conflitti e/o terrorismo dei quali l’Africa è comunque teatro.

3. AIUTARLI A CASA LORO?

A tal proposito è importante notare alcuni aspetti che emergono solo dall’incrocio di una serie di dati apparentemente slegati e che, invece, forniscono un’immagine importante di cosa significhi l’ormai celebre slogan  “aiutarli a casa loro”. La percezione comune dell’Africa è quella di un continente povero, e che dunque necessiterebbe di un sostanziale sviluppo economico e aumento della ricchezza. Se da un lato questo è un concetto generale corretto, dall’altro, però, non ci spiega come mai, ad esempio, tra i Paesi di origine dei migranti al secondo posto dopo l’Eritrea (che ha dinamiche di repressione e violazione dei diritti umani) vi sia la Nigeria considerata il Paese africano che sta vivendo lo sviluppo economico migliore, attualmente superiore anche a quel Sudafrica che, almeno formalmente, costituisce ancora la “S” dei cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).

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