Sono fatti storici di cui si parla poco e che pochi conoscono, difficili da narrare per la loro brutalità e inumanità, ma occorre ricordarli. La storia dovrebbe insegnarci a non commettere più gli stessi errori. Eppure, guardando agli eventi recenti, sembra proprio che non riusciamo a imparare dalle vergogne del passato. Le vicende aberranti possono differire nel luogo e nelle modalità in cui accadono, ma l’aberrazione di fondo rimane la stessa.

Parliamo del genocidio degli Herero e dei Nama tra il 1904 e il 1908, avvenuto prima che l’Assemblea generale delle Nazioni unite riconoscesse, l’11 dicembre 1946, il crimine di genocidio, e prima ancora che il giurista polacco di origine ebraica, Raphael Lemkin, coniasse e definisse il termine genocidio, a seguito dello sterminio degli Armeni. Nel volume Axis Rule in Occupied Europe (1944), Lemkin dà la seguente definizione di genocidio: “Piano coordinato, [composto da] differenti azioni, mirante alla distruzione dei fondamenti essenziali della vita di gruppi nazionali, con l’intento di annientarli”.

I popoli Herero e Nama subirono un genocidio, considerato dagli storici il primo del XX secolo. Avvenne quando la Namibia − all’epoca denominata Africa sud-occidentale tedesca − fu occupata e colonizzata dalla Germania (1884-1915).

Tra il 1904 e il 1908, si stima che oltre 60mila Herero e circa 10mila Nama furono uccisi dai tedeschi.

Samuel Maharero, capo della resistenza degli Herero contro i colonizzatori tedeschi

L’amministrazione coloniale tedesca aveva adottato una politica brutale nei confronti delle popolazioni dell’allora Africa sudoccidentale tedesca, l’attuale Namibia.

Nel 1904, scoppiò una rivolta contro i colonizzatori tedeschi, capeggiata da Samuel Maharero, ma fu repressa col sangue. Il generale Lothar von Trotha, ordinò di uccidere senza distinzione, uomini, donne e bambini Herero. Fu un’ecatombe, cui seguì quella dei Nama, anch’essi ribellatisi alla brutalità e ai soprusi dei coloni tedeschi.

Tutto questo perché la Germania voleva sfruttare al massimo il vasto territorio della sua colonia dell’Africa Australe e per far ciò avviò la massiccia espulsione delle popolazioni autoctone dalle loro terre. I tedeschi non solo confiscarono appezzamenti agricoli, ma anche interi allevamenti.

Nel 1905, i tedeschi aprirono campi di concentramento a Windhoek, Swakopmund e Shark Island.

I prigionieri Nama ed Herero vennero brutalizzati attraverso il lavoro forzato, sopraffazioni e malnutrizione. Molti morirono anche a causa di malattie. Molti altri vennero abbandonati nel deserto di Omaheke, senza la possibilità di accedere a fonti d’acqua: la maggioranza morì di fame e di sete. I più fortunati divennero schiavi impiegati come manodopera per costruire ferrovie e per estrarre diamanti.

È una pagina della storia tristemente ancora poco nota, nonostante le numerose azioni legali intraprese, a livello internazionale, da diversi leader tradizionali degli Herero e dei Nama.

Grazie alla fermezza di tanti discendenti di questi popoli, la Germania – seppur con un ritardo agghiacciante di oltre un secolo – nel 2021 ha riconosciuto il genocidio perpetrato dalle truppe coloniali tedesche.

Il governo di Berlino ha anche accolto le istanze di risarcimento inoltrate dai discendenti Herero e Nama, ma gli accordi sulle modalità di indennizzo stabilito dalla Germania sono stati criticati dagli esponenti degli Herero e dei Nama, perché non consultati o non coinvolti attivamente nei negoziati.

Su questa storia dimenticata, il regista italo-tedesco Lars Kraume, nel 2023, ha realizzato un film incentrato proprio sullo sterminio dei popoli della Namibia, il primo lungometraggio a raccontare/denunciare il colonialismo tedesco nell’allora Africa sud-occidentale tedesca.

Herero incatenati a seguito della ribellione del 1904

La Namibia risente ancora di quel retaggio coloniale. Infatti, è ancora presente una sorta di sistema dicotomico-razzista, in quanto il gruppo degli agricoltori più importante rimane quello dei bianchi (molti discendenti tedeschi) che controllano circa il 70% delle terre del paese.

Numerosi Herero e Nama vivono ai margini, in zone fatiscenti nel nord della Namibia, senza elettricità, né acqua corrente.

Il denaro promesso dalla Germania sotto forma non tanto di risarcimento, quanto di “aiuti allo sviluppo” dovrebbe sostenere importanti riforme, a cominciare dal settore agrario, per consentire agli Herero e ai Nama di ritornare nelle loro antiche terre.

Ma i discendenti dei popoli che hanno subito il genocidio considerano questi “aiuti allo sviluppo” un insulto, tanto più che il denaro promesso versato “su base volontaria” dovrebbe essere pari a circa 1,1 miliardo di euro da versare nell’arco di 30 anni.

Gli echi di quel genocidio dimenticato si faranno ancora sentire a lungo.

Silvia C. Turrin


Per approfondire, segnaliamo il volume dal titolo The Herero Genocide: War, Emotion, and Extreme Violence in Colonial Namibia di Matthias Häussler (Berghahn Books, 2024), frutto di ricerche presso archivi prima inaccessibili.