Condividiamo l’intervista a suor Martina, raccolta da p. Dario Dozio, in occasione della vacanza a Feriole della missionaria NSA dopo tanti anni passati in Africa.
Le chiedo com’è arrivata questa scelta di vita…
Mio fratello gemello, p. Martino, è stato la mia ispirazione. Lui aveva deciso di farsi frate, e io mi sono detta: voglio consacrarmi anch’io al Signore. Ma come fare? Da poco a Feriole erano arrivati i padri missionari della SMA e le suore NSA. Un giorno il parroco, don Giovanni de Franceschi, mi ha chiesto di accompagnarli per portare la comunione agli ammalati. Così ho conosciuto Sr Ermanna, Sr Vereconda, P. Giuseppe, P. Bardelli… ed è scoccata la scintilla missionaria.
Ora dove ti trovi?
Sono con altre tre suore africane a Siù, nel nord del Togo. Da otto anni vivo in quella missione. Con noi ci sono anche alcune giovani ragazze in cammino vocazionale, per un periodo di formazione alla vita religiosa.
Quale il tuo servizio?
Gestisco una piccola farmacia per le urgenze di base: arriva gente a tutte le ore, con febbri malariche, infezioni polmonari, bambini malnutriti… Inoltre, lavoro in un centro di riabilitazione per portatori di handicap, non vedenti, persone colpite da ictus…
Due volte alla settimana incontro una decina di ragazze con seri problemi mentali e cerchiamo di curarle, anche con l’aiuto di Grégoire Ahongbonon, conosciuto in Italia come il “Basaglia dell’Africa”. Abbiamo anche un centro di tessitura e cucito, con macchine e telai ricevuti dall’Italia. Ora ho un sogno che vorrei realizzare: aprire una scuola di parrucchiere e di pasticceria.
Svolgi anche attività pastorali?
Certo. Seguo la catechesi dei ragazzi e dei giovani, la preparazione ai sacramenti, la JEC (gioventù studentesca cattolica) e in genere tutte le attività con gli studenti. Purtroppo, i nostri giovani, terminata la scuola superiore, se ne vanno alla capitale per continuare gli studi o per cercare lavoro; così da noi restano solo gli anziani e ci manca la gioventù che per anni abbiamo formato.
Quale la tua gioia?
Molte le gioie missionarie! Anzitutto il contatto con le persone: la gente semplice, in particolare quanti soffrono, le persone più vulnerabili, i non vedenti… sono i più vicini al Signore e i primi a venire in chiesa. Mi stupisce sempre la loro fede limpida e silenziosa.
Poi il lavoro fatto in comunione con tutti i collaboratori, i sacerdoti della parrocchia, gli operatori pastorali… (al termine dell’ultimo incontro fatto, loro hanno cucinato un piccolo maialino e io la pizza!). Si è creato uno spirito di famiglia molto bello.
Ma anche vedere quante persone mi seguono dall’Italia: ultimamente sono rimasta colpita nel vedere in un bar di Airuno (LC) una cassettina delle offerte con scritto: “per la missione di Sr Martina!”.
E le difficoltà?
Quelle non mancano mai. Ad esempio: parlare la lingua locale, molto difficile per una persona europea. Poi il clima, spesso molto caldo e umido, peggiorato dai cambiamenti climatici. Però la gente è molto accogliente e tollera i miei strafalcioni linguistici; inoltre, tanti capiscono il francese. E come segno della loro fraterna accoglienza, mi dicono: “tu morirai qui” (… cioè: “resta sempre con noi!”).
Un augurio anche per noi che ti seguiamo da lontano?
Umanizziamo i nostri rapporti, ripartiamo dai contatti umani, stiamo vicini alla gente… anche come Chiesa. La missione semplifica la vita e ci rende più sinceri, più veri. Proprio come dice il papa per l’ottobre missionario: andate e invitate tutti, tutti, tutti.
Grazie suor Martina.
Buona missione.
Questa bella intervista è pubblicata anche sul n. 169 della rivista SMA di animazione missionaria Il Campo
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