Il 31 dicembre 2017 è successo qualcosa di grave nella Repubblica Democratica del Congo: il governo ha inviato la polizia e i militari davanti alle chiese della capitale Kinshasa per impedire la celebrazione della messa. E poi gli stessi uomini in uniforme hanno represso con la violenza una marcia pacifica, organizzata dall’Associazione dei Laici Cattolici, facendo 7 morti.

Vi presentiamo la testimonianza di un giovane padre SMA, congolese, Simon Pierre Kakiau, coinvolto in questi tragici avvenimenti.

Ma prima ricordiamo alcuni fatti:

  • il 19 dicembre 2016 la Conferenza Episcopale congolese aveva accettato di svolgere il ruolo di mediatore nelle trattative tra Governo e partiti di opposizione per stabilire data e modalità delle elezioni presidenziali. Il secondo mandato dell’attuale presidente, Joseph Kabila, era già scaduto, ma costui tergiversava, e tentava di modificare la Costituzione per permettere un suo terzo mandato.
  • Il 31 dicembre 2016 è stato firmato il cosiddetto Accordo Politico Inclusivo di San Silvestro, che prevedeva la formazione di un governo di unità nazionale, con un Primo Ministro scelto dai partiti di opposizione; liberazione dei prigionieri politici; liberalizzazione della TV; misure urgenti per risollevare l’economia.
  • Nei primi mesi del 2017 però il Governo ha assunto un atteggiamento di disprezzo verso questo accordo: ha nominato come primo ministro un esponente non gradito alla maggioranza dell’opposizione, ha fatto di tutto per dividere l’opposizione, ha lasciato che un’inflazione galoppante gettasse nella miseria i cittadini.
  • Dopo un duro discorso pronunciato dall’’arcivescovo di Kinshasa, Mons. Laurent Monsengwo, per protestare contro questa situazione politica e sociale, il CLC, Comitato Laico di Coordinazione, associazione cattolica, proclama che domenica 31/12/2017 terrà una marcia pacifica, per sollecitare il governo ad applicare l’Accordo firmato un anno prima.

Diamo allora la parola al p. Simon Pierre Kakiau:

“La mattina presto e del 31 dicembre arrivo alla nostra Parrocchia SMA di Saint Barthélémy, nel quartiere Masina di Kinshasa. Ma trovo 4 poliziotti armati che hanno eretto una barriera davanti la porta della chiesa e mi impongono di ritornare a casa. Il parroco, il p. Etienne Sanda, lui pure SMA, cerca di far capire loro che sono il prete incaricato di celebrare la messa. Hanno reagito con brutalità, ma noi abbiamo resistito continuando a protestare e a esigere che ci lasciassero celebrare la messa. Finalmente dopo un’ora, sotto la pressione delle centinaia di cristiani venuti per la messa, i poliziotti ci lasciano passare, e alle 8.15, con due ore di ritardo, iniziamo la messa.

Alle 10.45, alla fine della messa, troviamo nel cortile della chiesa e nelle strade adiacenti una folla immensa, che non aveva potuto partecipare alla seconda messa e che attendeva l’inizio della marcia. Noi due preti ci siamo incamminati anche noi per marciare, con la croce e il rosario in mano. Abbiamo camminato, cantando e pregando,per due km. Andavamo verso lo stadio municipale di Masina, luogo di assembramento per i manifestanti del nostro quartiere.

Ma abbiamo trovato a sbarrarci la strada un drappello di militari fortemente armato, che aveva ricevuto l’ordine di non lasciarci passare. Abbiamo allora chiesto alla gente di mettersi in ginocchio e di pregare con le mani alzate. Siamo rimasti così per 30 minuti. I militari sempre decisi ad impedirci di arrivare allo stadio.

Per impedire disordini, noi preti abbiamo invitato la folla a ritornare alla nostra chiesa, dove avremmo letto il messaggio preparato dal CLC. E ho cercato di convincere i nostri parrocchiani con queste parole: “Vi ringrazio per il coraggio manifestato oggi con questa marcia pacifica. Abbiamo marciato e pregato. Il nostro messaggio per le nostre autorità politiche è stato udito. Con rispetto e ordine, possiamo ora ritornare alla nostra chiesa.”

Ma arrivati a poche centinaia di metri dalla chiesa, tre camionette della polizia sono venute nella nostra direzione per disperderci, sparando ripetuti colpi in aria. La gente impaurita si è dispersa, e per fortuna non ci sono state vittime.

Il nostro paese ha vissuto un momento molto buio della sua storia: siamo davvero uno stato democratico? I nostri diritti fondamentali di libertà e espressione sono stati violati. Persino la celebrazione della messa è stata impedita. Dove stiamo andando? Fino a quando il sangue innocente continuerà a scorrere in Congo?

Viviamo in un modo cosmopolita: vorrei perciò che il resto del mondo sapesse ciò che viviamo in Congo: morti, repressioni, di sparizioni. Tutto il mondo è entrato nel nuovo anno 2018 nella gioia. Noi siamo entrati nel 2018 nel lutto.”

Foto: Amnesty International; CENCO-La Croix; sautiyacongo.org; ressourcesducongo.net