Sono passati cinque mesi da quando in Togo è iniziata una seria crisi politica: da agosto una coalizione di 14 partiti di opposizione organizza raduni e proteste quasi ogni settimana contro il presidente Faure Essozimna Gnassingbé, al potere dal 2005, dopo essere succeduto al padre, Étienne Eyadéma Gnassingbé, salito al potere con un golpe militare nel 1967. La dinastia governa il Paese da più di 50 anni.

Ancora mercoledì 27 dicembre 2017 migliaia di persone sono scese di nuovo nelle strade della capitale togolese, Lomé, per richiedere un limite al numero di mandati presidenziali e le dimissioni del Presidente. Dall’inizio delle proteste ci sarebbero stati una ventina di morti secondo un rapporto dell’AFP.

I Vescovi a settembre avevano appoggiato le richieste popolari chiedendo di ristabilire il limite dei due mandati presidenziali stabiliti dalla Costituzione del 1992. Un progetto di revisione della Costituzione è in atto, ma il limite di due mandati presidenziali non è retroattivo, e il presidente sarebbe autorizzato a presentarsi nel 2020 e nel 2005. L’opposizione non lo accetta.

“La mobilitazione continua. Perché la gente sa che senza la mobilitazione, non si può ottenere nulla, ha detto all’AFP Jean-Pierre Fabre, presidente di Alleanza Nazionale per il Cambiamento (ANC) partito di opposizione.

Diversi paesi dell’Africa occidentale hanno chiesto lo svolgimento di colloqui tra il governo e l’opposizione, sotto la mediazione del presidente del Ghana Nana Akufo-Addo e Alpha Condé di Guinea. Anche il Benin e il Burkina Faso hanno assicurato la loro partecipazione ai colloqui.

Il popolo togolese e la coalizione dei partiti dell’opposizione, rivendica oggi il puro e semplice ritorno alla Costituzione del 1992 e le dimissioni di Faure Gnassingbé.

Le repressioni sono state violente specialmente a Sokodé, assediata dall’esercito, a  Bafilo, a Mango dove la popolazione è fuggita in Ghana dopo aver visto distrutti beni e aver perso tutto.

Il vescovo di Dapaong, mons. Dominique Banléne Guigbile, si è recato a Mango per sostenere la popolazione. Nel suo messaggio ha detto: “La popolazione di Mango e dintorni è rimasta profondamente sconvolta, traumatizzata e ferita dallo stato di guerriglia urbana che dura da diversi giorni. Condanniamo fermamente questa violenza indiscriminata ed esprimiamo la nostra profonda indignazione per la brutalità con la quale vengono trattati i cittadini. Ci appelliamo alla coscienza di tutti e chiediamo una giustizia equa per le vittime; le persone innocenti non vengano punite al posto del vero colpevole; il rispetto dei diritti e della dignità della persona sia garantito a tutti. Invitiamo tutti a rinunciare ad ogni forma di violenza e a intraprendere in maniera risoluta il percorso della verità, del rispetto per gli altri, della tolleranza, indispensabile alla pace e alla coesione sociale che tutti i Togolesi chiedono.”

La conferenza episcopale del Togo ha pubblicato una lettera pastorale per commentare la situazione del Paese. I vescovi ricordano che “le riforme costituzionali rivestono un’importanza particolare, senza le quali è impossibile riportare la pace e la coesione sociale nel nostro Paese” Anche loro reclamano un limite al numero dei mandati presidenziali, in modo da permettere un’alternanza ai vertici dello Stato.

L’arcivescovo di Lomé mons. Denis Amuzu-Dzakpah ha dichiarato in una intervista al giornale francese La Croix: Ciascuno deve ora mettersi al lavoro e assumere le proprie responsabilità. I togolesi non sono portati alla violenza. Il loro genio culturale è la pace, l’intesa, la fraternità. Sono qualità inserite nella nostra anima. Noi abbiamo il dovere di elevare la voce a nome di tutti. Ora la verità non è neutra, va contro la menzogna. Presto o tardi la verità trionferà nell’amore e il perdono”.

Silvano Galli
Sokodé (Togo)

Foto: vatican-news; CET-La Croix; youtube-Togo Infos