Dogon vivono in un ambiente aspro, lontano dalla cosiddetta “civiltà moderna”, eppure è noto in tutto il mondo per la singolare visione cosmologica che vi aleggia. Nonostante l’aumento dei turisti, talvolta irrispettosi delle tradizioni locali, e l’instabilità politico-economica del Mali causata dagli attentati terroristici, prima, e dall’intervento francese, poi, nella falesia di Bandiagara permangono antichi riti animistici perpetuati da secoli, se non millenni, dal popolo Dogon.

Dal punto di vista geologico, la falesia è costituita d’arenaria e copre una zona di circa 400mila ettari con oltre 200 villaggi. Un luogo che ha attirato tanti antropologi, nonché etnologi giunti soltanto alla fine del XIX secolo. La distanza di Bandiagara dai principali centri del Paese e l’impervio ambiente ecologico della falesia hanno infatti permesso ai Dogon di non subire influenze straniere per lungo tempo e di conservare quindi inalterati culti e tradizioni ancestrali.

Armonia tra comunità, ambiente e architetture

 

Sebbene non si conosca esattamente la data d’arrivo dei Dogon nella regione, le ricerche archeologiche hanno messo in evidenza come quest’area sia abitata da comunità sin dal Paleolitico e questa permanenza sia stata sempre contraddistinta da un rapporto armonioso fra ambiente ed esseri umani. L’homo sapiens, sino ai nostri giorni, non ha alterato l’equilibrio ecologico della falesia, ma anzi, ha convissuto con gli elementi geologici e naturali del luogo rispettandoli e adeguandosi ad essi. Anche nel XXI secolo i villaggi Dogon sono costruiti essenzialmente partendo dai materiali locali, in primis l’argilla. Le fondamenta delle case sono di pietra, mentre i soffitti e i pavimenti sono ancora di legno.

Il primo ricercatore occidentale a riuscire a entrare in contatto coi Dogon e a studiare la loro complessa cosmologia è stato Marcel Griaule (1898-1956). Per 50 anni, l’etnologo francese ha indagato i misteri di questo antico popolo e la simbiosi che hanno instaurato tra ambiente, spiritualità e architettura. Sebbene il lavoro e l’approccio di Griaule siano stati criticati, la sua ricerca rimane la più completa e pertinente, tanto che l’Unesco, nell’inserire la falesia di Bandiagara tra i siti patrimonio dell’umanità, ha sottolineato proprio la stretta connessione fra tradizioni religiose, struttura dei villaggi e delle case e contest naturale.

Una visione spirituale-architettonica complessa

 

La concezione cosmologica dei Dogon è articolata, in quanto considerano la Terra uno dei 14 mondi che costituiscono l’Universo, al centro del quale vi è un polo cosmico (chiamato amma dyi). Amma è il dio creatore. Attraverso una serie di “metamorfosi” o trasformazioni si formò l’hogon, il capo spirituale dei Dogon, impersonato dall’uomo più anziano della comunità. All’interno della loro cosmologia ha un ruolo importante anche il serpente, essere nel quale si trasformò il lebe, ovvero l’uomo più anziano del mitico mondo originario.

Al centro del villaggio Dogon troviamo il toguna, ovvero un edificio, il primo a venire costruito, che riproduce la casa in cui si riunirono gli antenati originari.

Se si guarda la mappa di un villaggio Dogon, come ha messo in luce Griaule, si osserva la riproduzione della figura del corpo di una persona sdraiata supina e questa figura non è altro che l’antenato primigenio. Una parte importante della casa è l’ingresso. La porta di entrata ha infatti non solo una funzione pratica, ma anche simbolico-magica. Le decorazioni poste su di essa – come le raffigurazioni degli antenati e della coppia primordiale – fungono da difesa e protezione.

Tradizioni in pericolo

 

L’Unesco ha deciso di inserire la falesia di Bandiagara nella lista dei patrimoni mondiali dell’umanità nel 1989 per diversi motivi. Le interferenze culturali e religiose provenienti dall’esterno stanno sempre più minando le usanze dei Dogon. Negli ultimi decenni, sono in atto cambiamenti inerenti le pratiche tradizionali associate alla costruzione e agli ornamenti degli edifici; inoltre, soprattutto le nuove generazioni, abbandonano i villaggi tradizionali. I fenomeni di spopolamento sono aggravati e sostenuti dai cambiamenti climatici, che aumentano il processo di desertificazione, ma anche il pericolo di piogge torrenziali. Infine, le dinamiche della globalizzazione economica e culturale stanno intaccando quel modus vivendi originario dei Dogon che ha permesso loro di conservare una complessa, quanto unica, concezione cosmologica.

Silvia C. Turrin

Foto: Wikimedia