Sono sempre in giro! Qualcuno mi ha definito “ambasciatore”, ma sarebbe più corretto dire “vagabondo”!. In questi ultimi mesi ho percorso più di 6.000 km viaggiando su e giù per l’Italia. Quasi ogni giorno ho cambiato letto, cucina, paesaggio, gruppi di persone… E ogni volta eccomi a parlare di Missione.

Si: Missione con la “M” maiuscola. Non tanto le mie avventure in Costa d’Avorio, per quanto ricche e interessanti siano, ma quel che sta alla base di ogni esperienza di fede e di Chiesa: che la Missione nasce dall’incontro con Cristo, che ogni battezzato è missionario, che annunciare il Vangelo non è riservato a una casta speciale, che è il cuore, e non la geografia, a fare la differenza… Cose già sentite, ma io ho avuto il piacere di ricordarlo a chi si prepara ad essere prete.

I vescovi Italiani infatti hanno chiesto ai missionari di passare nei seminari diocesani per parlare agli studenti. Sono quattro gli istituti unicamente missionari nati in Italia: PIME, Comboniani, Consolata e Saveriani. Poi ci sono i Missionari d’Africa (Padri Bianchi) fondati in Algeria, gli Oblati di Maria Immacolata (OMI) e noi della Società delle Missioni Africane (SMA) di origine francese. Infine la Comunità Missionaria di Villaregia, ultimi nati, a Chioggia, una quarantina d’anni fa. Si è creata così una équipe di otto sacerdoti, uno per ogni istituto missionario, che visitano regolarmente i seminari diocesani, sotto la direzione di Missio: l’organismo della conferenza episcopale italiana per la pastorale missionaria.

Quest’anno ho visitato la Puglia, Campania e Basilicata: 35 Seminari in tutto, di cui 5 di teologia e gli altri delle scuole superiori. Ovunque ho avuto un’ottima accoglienza. Sono quasi 200 gli studenti teologi nel seminario regionale di Molfetta; altrettanti nei due seminari maggiori (diocesano e regionale) di Napoli: quelle regioni non sono provate dalla crisi di vocazioni di cui invece soffriamo al nord.

Ho visto i giovani seguire con attenzione le prediche e gli incontri che tenevo quotidianamente, nonostante gli impegni di scuola o le partite in televisione, quando capitavano negli stessi orari. Ogni volta ho cercato di presentare la bellezza della vita missionaria, il fascino delle culture africane, il mistero che mi ha fatto lasciare la diocesi di Milano per andare in Africa… ma anche la nuova evangelizzazione in Italia, la missione qui, la Chiesa in uscita, il mondo degli immigrati… Insomma: la Missione ad ampio spettro.

Poi le bellezze del paesaggio, le cattedrali romaniche, il barocco leccese e napoletano, Otranto, il Vesuvio, il mare… La simpatia della gente, calorosa ed accogliente ovunque. E le specialità gastronomiche davvero squisite. Anche questo ha reso piacevole il mio vagabondare.

Ho apprezzato molto la fraternità tra i missionari: visto che la SMA non ha case al sud, nei giorni di festa, quando i seminari erano chiusi, ho chiesto ospitalità al PIME (Ducenta), ai Saveriani (Sorrento), ai Comboniani (Troia) e alla Consolata (Martinafranca), e ovunque mi son trovato a casa.

Unica difficoltà: si è talmente capito che la missione è qui (“io sono una missione”), che anche i seminaristi non sentono più l’importanza di partire. La missione “ad gentes” è diventata obsoleta e la “Chiesa in uscita” è solo quando ci si impegna entro i confini della propria parrocchia. È vero che in alcuni seminari sono previste esperienze estive fuori dalla propria diocesi, in Albania o in Africa, ma i “fidei donum” (missionari diocesani) sono sempre più rari e non si trovano giovani preti per rimpiazzare quanti sono partiti diversi anni fa.

Ora sto preparando le valigie per Calabria e Sicilia: altre avventure che mi aspettano. Trovo importante queste visite nei seminari: non tanto per cercare vocazioni alla SMA, ma per contribuire alla formazione di un clero diocesano aperto, con uno stile pastorale missionario, in un’Italia sempre più secolarizzata, che sta cambiando profondamente e messa alla prova dall’incontro con i migranti.

P.  Dario Dozio