Formato da un intricato sistemi di canali, isole e lagune il Delta dell’Okavango è uno degli ecosistemi più suggestivi dell’Africa Australe ed è una delle ultime grandi zone umide del pianeta. Quando il fiume è nella sua massima piena, il Delta può raggiungere un’estensione di 15mila km², divenendo così un ampio bacino d’acqua, habitat privilegiato di un numero straordinario di animali.

Il fiume s’ingrossa con le piogge che iniziano a cadere verso novembre nelle alte terre della vicina Angola (nei pressi di Nova Lisboa), dove è ubicata la sua sorgente. Il livello massimo della sua capacità d’acqua viene raggiunto tra febbraio e marzo. Grazie alle piogge, le pianure alluvionali si allagano gradualmente toccando talvolta la periferia della cittadina di Maun.

Habitat rigogliosi

Appena l’Okavango entra nel territorio del Botswana si immette nel canale chiamato Panhandle. Questa è una zona amatissima dagli appassionati di birdwatching: infatti, vi sono almeno 500 specie di uccelli, tra cui la garzetta ardesia, il gruccione guanceblu e la splendida aquila pescatrice africana.

Uscendo dal Panhandle, l’Okavango si dirama in una serie di canali e proseguendo oltre si divide in un numero sempre maggiore di corsi d’acqua più piccoli. La vegetazione è lussureggiante. Sulla superficie del fiume, in alcuni angoli, si possono ammirare bellissime ninfee dalle larghe foglie, i cui fiori vanno dal rosa al bianco, dal blu al viola. Lungo il Delta svettano poi differenti varietà di alberi d’acacia – come quella chiamata mellifera – che producono baccelli molto graditi da numerose specie di selvaggina.

I grandi animali minacciati dai bracconieri

Ghepardi, elefanti, rinoceronti bianchi e neri, leoni trovano riparo nel Delta dell’Okavango. La limitrofa Riserva faunistica Moremi, ampia 1800 km², è uno spazio naturalistico incontaminato che ospita animali minacciati dal bracconaggio, come gli elefanti. Purtroppo è recente la notizia di una carneficina di pachidermi proprio nei pressi del Delta. Mike Chase, Direttore e fondatore dell’organizzazione no profit Elephants Without Borders (EWB), durante una ricognizione aerea ha avvistato 87 elefanti morti. I corpi di questi enormi animali indicano due elementi: in primis, non erano decomposti, quindi sono stati uccisi tra giugno e settembre 2018; in secondo luogo, è evidente che gli autori del massacro sono bracconieri che contrabbandano avorio.

Secondo i dati del WWF, in un secolo abbiamo perso più del 90% degli elefanti. Ciò che sta accadendo nel Delta dell’Okavango dovrebbe mobilitare organizzazioni, governi e opinione pubblica sul tema della protezione di questi grandi mammiferi. Come primo passo sarebbe necessario il lancio di una campagna di boicottaggio contro l’acquisto di oggetti in avorio, nonché l’adozione di misure seriamente efficaci per eliminare il bracconaggio, almeno nelle aree protette. Quello dell’Okavango è uno spazio unico, eccezionale, creato dall’interdipendenza e interazione fra elementi biologici, idrologici e geomorfologici. Per questo è stato inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Una scelta nata dall’urgenza di proteggere tutte le specie viventi che abitano questo sito complesso e straordinario.

Silvia C. Turrin

Foto: Wikivoyage