Il vescovo di Crema, Mons. Daniele Gianotti, l’aveva annunciato alla fine di ottobre, al termine della veglia per la giornata missionaria mondiale: “Ci troveremo ancora qui il 17 novembre, a due mesi dal rapimento di p. Gigi, per vegliare e pregare.” Più di 500 persone hanno raccolto il suo appello.
Alle 21 è partita la marcia da piazza Duomo, e si è snodata lungo le vie del centro. Apriva il corteo lo striscione con le parole: “Liberate p. Gigi”. Subito dopo alcune persone che reggevano delle lanterne accese. E un voce dal microfono scandiva i nomi di coloro che sono stati rapiti in questi ultimi anni in Africa Occidentale, ma anche il nome di p. Paolo Dall’Oglio, rapito in Siria.
I partecipanti hanno camminato in silenzio, e anche i cremaschi venuti in centro per passare il sabato sera in piazza o in un locale, incrociando il corteo si sono fermati per un momento, con grande rispetto e silenzio.
La commozione era davvero palpabile in tutti i presenti, giovani, adulti, anziani. E per alcuni minuti la città di Crema si è fermata per ricordare l’ingiusta e ingiustificata prigionia di p. Gigi. Ancora una volta i cremaschi hanno dato prova di quanto stimano p. Gigi e tutti i missionari che lavorano nei paesi del Sud del Mondo, spesso in condizioni di rischio.
La marcia è continuata con la veglia in Duomo. La folla si è disposta ordinatamente lungo la grande navata della bellissima cattedrale, e alla fine non c’era più un posto libero. “Abbiamo stampato e distribuito 500 libretti”, ci ha detto il direttore del Centro Missionario. “Ma vediamo che c’è gente che è rimasta senza”.
Presiede la veglia il vescovo, Mons. Gianotti. Nella sua introduzione annuncia: “Il vescovo di Niamey, vescovo di p. Gigi, mi ha telefonato per ringraziare e per manifestare la sua solidarietà. È in comunione con noi stasera, come lo sono i missionari della sua diocesi, che con le loro comunità pregano insieme a noi stasera con la stessa intenzione. E ci ha inviato un messaggio, di cui do lettura”.
E così, con emozione, abbiamo ascoltato le parole di Mons. Djalwana Laurent Lompo: “Vi ringrazio per questa vostra marcia e veglia, che è segno della profonda partecipazione e compassione nei confronti del nostro amato p. Pier Luigi, che è ancora nelle mani dei suoi rapitori. Trasmetterò anche ai miei cristiani quanto state facendo. Siamo tutti uniti in Cristo Gesù, lui che è capace di farci rivedere questo vostro figlio, diventato nigerino per la missione, in nome della fede.”
Durante la veglia sono stati letti alcuni brani del discorso pronunciato da papa Francesco a Bangui, in Centrafrica, in occasione dell’apertura della porta santa: “Gli operatori di evangelizzazione devono essere anzitutto artigiani del perdono, specialisti della riconciliazione, esperti della misericordia”.
Lo striscione “Liberate p. Gigi” è stato colocato davanti all’altare, e attorno ad esso sono state deposte le lanterne accese, mentre ancora una volta venivano ricordati i nomi dei rapiti in Africa Occidentale. Il coro multicolore proponeva canti in varie lingue: italiano, francese, swahili, lingala.
Sono stati lette poi alcune testimonianze dei missionari, rapiti nel nord del Camerun da Boko Haram nel 2014, e tenuti prigionieri in Nigeria: p. Gianfranco Allegri, suor Gilberte Bussière, p. Giampaolo Marta.
Poi il vescovo ha tenuto una brave omelia in cui ci ha detto: “Da ciò che ho potuto conoscere di p. Gigi, nell’incontro avuto in settembre prima del suo ritorno in Niger e dalle sue lettere scritte in questi anni, ho capito che p. Gigi non ama parlare di sé, ma piuttosto della sua gente, dei suoi cristiani, delle loro piccole e grandi storie quotidiane. E diceva che pur con difficoltà e sofferenze il regno di Dio va crescendo in Niger. Vorrei che stasera, pregando per lui e tutti gli altri che sono nelle mani dei rapitori, sentissimo nel nostro cuore la sua voce, la sua preghiera, il suo canto, preoccupato non per se stesso ma per gli altri. Proviamo a sentirlo nel nostro cuore, con la sua serenità, la sua gioia, il suo desiderio di vivere e testimoniare il vangelo”.
Era presente il fratello di p. Gigi, Angelo Maccalli con la moglie, e il vescovo ha voluto salutarlo personalmente alla fine della cerimonia.
Lo striscione è stato infine portato in vescovado, per essere appeso al balcone principale. E lì rimarrà, ha detto il vescovo, fino a che quel grido verrà esaudito. E manterrà sempre viva l’attenzione e la preoccupazione per la liberazione, sua e di tutti i preti, suore e laici rapiti in Africa e nel mondo.
P. Marco Prada