È il terzo libro che lo scrittore e giornalista Roberto Italo Zanini dedica a Bakhita, la santa moretta del Sudan, ex-schiava diventata santa a Schio, borgo in provincia di Vicenza.

Il suo libro, Bakhita, il fascino di una donna libera, Edizioni San Paolo, esce in occasione dell’8 marzo, Giornata della donna, e Zanini vede in Bakhita proprio un modello di donna libera e anticonvenzionale.

Bakhita è chiamata così dai suoi rapitori schiavisti, che a 7 anni la strappano dal suo villaggio per essere venduta al mercato degli schiavi di Khartoum. Il suo nome significa “Fortunata”, e si farà chiamare così fino alla morte, avendo dimenticato il nome che le avevano dato i suoi genitori.

A 10 anni ha già conosciuto tre padroni: passata di mano tra due crudeli e cinici padroni sudanesi, è venduta a un generale turco dal quale subisce sevizie fisiche e morali. A 13 anni fa di tutto per essere comprata dal console italiano Legnani, e quasi lo costringe a portarla con sé in Italia, quando costui deve fuggire il Sudan a causa della jihad del Mahdi.

Santa Bakhita emerge dal ritratto che fa Zanini in questo libro come una figura di straordinaria attualità, non solo perché incarna le eterne tragedie di tante donne dei nostri giorni, vendute, picchiate, sfruttate, ma perché la sua santità attrae un numero sempre maggiore di credenti e non credenti che si recano a Schio nella cella monastica in cui morì l’8 febbraio del 1947, per trovare le risposte che la vita non dà.

Zanini, ripercorrendo le vicende dell’esistenza di Bakhita, si rende conto che nulla è avvenuto per caso: tutto fu provvidenziale, anche i negrieri, le torture e gli acquirenti, perché tutto concorse a fare della bambina rapita nel cuore dell’Africa una delle figure più luminose della Chiesa nel cuore del Veneto.

La biografia della “santa moretta” sembra un romanzo di avventure, invece è realtà. Bakhita, appena arrivata in Italia, è “regalata” dal Console Legnani alla moglie russa di un amico veneto. Ma proprio a Venezia avviene la conversione e l’inizio di una vita completamente nuova. Colpisce e commuove la dignità con cui a 20 anni trova nella fede la fermezza per dire il primo “no” agli ultimi padroni veneti che ne rivendicano la proprietà e seguire l’unico vero “ paròn”, come in dialetto veneto chiama il Signore.

La vera libertà Bakhita la conquista perdonando tutti, perché in tutti riconosce dei benefattori, le pedine della Provvidenza: “Se incontrassi i negrieri che mi hanno rapita e quelli che mi hanno torturata – ha scritto – mi inginocchierei a baciare le loro mani, perché se non mi fossero accadute quelle cose, non sarei ora cristiana e consacrata”. Ha sempre pregato per loro, i veri schiavi, e anche oggi sa rompere le catene, anche le catene più invisibili, di chi si rivolge alla “santa moretta”.

Adattato dall’articolo di Lucia Bellaspiga su Avvenire del 6 marzo 2019 

Il libro: Roberto Italo Zanini, Bakhita, il fascino di una donna libera, San Paolo Edizioni, Milano, 2019, Pag. 68, Brossura, € 16