Ghana Freedom è il titolo del padiglione del Ghana, che partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia. Il titolo si ispira alla canzone composta da E.T. Mensah in occasione della conquista dell’indipendenza dai coloni inglesi nel 1957, primo paese dell’Africa sub-sahariana colonizzata dagli europei ad ottenere l’indipendenza.

Il padiglione, curato da Nana Oforiatta Ayim, indaga le eredità e le nuove direzioni di quella libertà tanto desiderata, tramite il lavoro di sei artisti che attraversano tre generazioni.

Una miscela densa, carica delle installazioni ambientali di El Anatsui (vincitore del Leone d’oro alla carriera nel 2015) e Ibrahim Mahama, le cui opere si ispirano a materiali raccolti in ambienti urbani.

Un concentrato che si nutre della rappresentazione e della ritrattistica del lavoro in studio di Felicia Abban (prima fotografa femminile del Ghana) e di quello “immaginato”, sulle tonalità dei bruni, della pittrice Lynette Yladom-Boakye (nominata al Turner Prize nel 2013), così come della video-scultura di Selasi Awusi Sosu, e del film in tre canali di John Akomfrah.

Il design del padiglione, di forma ellittica, è stato curato da Sir David Adjaye ed esplora le idee che connettono le varie opere. Insieme al Ghana espone per la prima volta a Venezia anche il Madagascar.

La Biennale di Arte 2019 rimarrà aperta al pubblico fino al 24 novembre 2019, ai Giardini e all’Arsenale.

Foto e testo dal sito artslife.com