29 giugno 1969 – 29 giugno 2019: sabato ricorderemo in modo solenne, durante la Festa SMA di Genova, i 50 anni di sacerdozio di p. Giuseppe Brusegan, missionario SMA originario di Camponogara, nella Diocesi di Padova. È stato missionario in Costa d’Avorio, Argentina, Benin e Angola.
Per questa occasione, p. Giuseppe ha risposto ad alcune nostre domande:
Domanda: Guardando ai tuoi 50 anni di sacerdozio che cosa provi?
P. Giuseppe: Mi viene subito spontaneo la sensazione che Dio abbia voluto “giocare” un po’ con me per due motivi.
Nella foto p. Giuseppe è il primo a sinistra; al centro p. Bruno, missionario SMA beninese, a destra p. Antonio Porcellato, da un mese Superiore Generale della SMA
1°: Per natura, sono una persona sedentaria, non mi piace viaggiare. Dio invece aveva un altro progetto su di me: anno di formazione spirituale in Belgio, filosofia in Francia, esperienza pastorale in Germania, teologia in Francia.
Missionario dapprima in Costa D’Avorio, in seguito in Argentina, poi in Benin e per ultimo in Angola. Confesso che questi viaggi mi sono sempre costati e, di solito, quando ero nel posto di missione dove ero stato nominato, raramente viaggiavo.
2° Inoltre non sono uno a cui piaccia imparare una lingua straniera o abbia grandi facilità nello studio delle lingue. Anche su questo aspetto ho la sensazione che Dio abbia un po’ “giocato” con me. La lingua ufficiale della Costa d’Avorio è il francese.
In Argentina invece si parla lo spagnolo, in Benin, poiché ero in una casa di formazione, bisognava conoscere il francese e l’inglese e, per terminare, la lingua ufficiale dell’Angola è il portoghese. Senza lasciar da parte le lingue locali che si parlano nelle diverse zone dell’Africa e che è indispensabile conoscere per poter comunicare con la gente del posto.
A questa tappa della mia vita sorrido e mi viene spontaneo pensare:“Come è stato possibile questo?” E mi ripeto: Dio ha proprio voluto “giocare” con me?
Domanda: C’è un sentimento che prevale in te in questo momento?
P. Giuseppe: Sì! E’ il sentimento della riconoscenza.
Non ringrazierò mai abbastanza il Signore perché ha posato su di me il suo sguardo, mi ha amato, si è fidato di me chiamandomi a collaborare nella Sua Missione ad Gentes nella SMA.
Ripercorro la mia vita e scopro i doni ricevuti dal Signore: papà Luigi, mamma Rita, le sorelle, la comunità cristiana di Camponogara, dove è nato il mio desiderio di diventare prete, gli amici di classe con gli indimenticabili educatori, l’ordinazione sacerdotale.
Ringrazio soprattutto Dio perché durante questi cinquanta anni di sacerdozio ha sempre saputo “tenere la sua mano sulla mia testa” come diceva mia mamma. La mia riconoscenza va pure ai confratelli con i quali ho vissuto in comunità, sia in Italia come in missione .
Sono loro che mi hanno aiutato ad inserirmi nel luogo di missione dove ero nominato, ad essere paziente con me stesso, ad amare, ascoltare, rispettare la persona, a collaborare con gli operatori pastorali. Non ho paura di dire che quello che sono lo devo molto a loro.
Lentamente hanno forgiato in me una persona serena, contenta di quello che è e desiderosa di poter servire ancora la Missione: l’Africa
Domanda: C’è un avvenimento bello che ti piace ricordare?
P. Giuseppe: Gli avvenimenti belli che amo ricordare sono diversi e sono inerenti all’ordinazione sacerdotale di diversi confratelli della SMA. Sono infatti molti i ragazzi, i giovani (liceali, universitari) che ho avuto la gioia di conoscere, accompagnare nel loro discernimento vocazionale e seguirli fino al giorno della loro ordinazione.
Mi commuovo quando ne incontro qualcuno e ho la gioia di sedermi accanto a lui, di parlare, di ascoltarlo, di ricordare alcune esperienze vissute insieme. Uno di loro, alcuni giorni fa, mi ha scritto: “Sono stato ordinato due anni fa. Il mio grande desiderio e di venire da te e di poter celebrare la santa Messa con te. Quello che sono lo devo molto a te. Desidero tanto ringraziare il Signore con te”.
Ora alcuni hanno delle grandi responsabilità: tre sono nel Consiglio Generale della SMA, altri sono formatori, superiori, responsabili di diversi confratelli.
In questa tappa della mia vita la mia missione è questa: “Pregare per loro, perché lo Spirito Santo dia loro tanta salute, il dono dell’ascolto e del discernimento”.
Non posso camminare, viaggiare, essere attivo come una volta, ho però il dono di avere un cuore aperto alle dimensioni del mondo e di poter pregare perché il “Suo Regno venga nella nostra società” e lo Spirito Santo illumini, accompagni i suoi missionari, particolarmente quelli che conosco.
Questa è la mia Missione, oggi. Mi fa sentir bene e mi dà tanta serenità.