Nella grande messa allo Stadio Zimpeto, a Maputo, ultimo atto del suo viaggio in Mozambico prima del trasferimento in Madagascar, papa Francesco ha parlato di riconciliazione.
“Nessuna famiglia, nessun gruppo di vicini, nessuna etnia e tanto meno un Paese ha futuro”, ha deto il papa nell’omelia, “se il motore che li unisce, li raduna e copre le differenze è la vendetta e l’odio. Non possiamo metterci d’accordo e unirci per vendicarci, per fare a chi è stato violento la stessa cosa che lui ha fatto a noi, per pianificare occasioni di ritorsione sotto forme apparentemente legali.”
E ha continuato: “Le armi e la repressione violenta, invece di apportare soluzioni, creano nuovi e peggiori conflitti. La violenza è sempre una spirale senza uscita; e il suo costo, molto elevato. C’è un’altra strada possibile, perché è fondamentale non dimenticare che i nostri popoli hanno diritto alla pace. Voi avete diritto alla pace.”
Il Mozambico ha vissuto lunghi anni di guerra di liberazione dal colonialismo portoghese, dal 1961 al 1975, e poi, ottenuta l’indipendenza nel 1975, di guerra civile fino al 1992.
I due movimenti di liberazione Frelimo e Renamo sono ora partiti politici, e la democrazia ha fatto grandi passi in questi decenni.
Ma nel cuore di molti mozambicani c’è ancora odio per l’ex-nemico, e rancore per episodi del passato che non si vuole dimenticare. In certe zone ogni tanto si riaccendono focolai di violenza e di lotta. Nel cuore di tutti non è ancora morto il demone della guerra, della bramosia di conquistare il potere a tutti i costi, anche con le armi.
Per questo il papa nella sua omelia ha voluto richiamare al popolo mozambicano che senza perdono e riconciliazione non si potrà mai scrivere un futuro di prosperità e di unità del Paese: “Molti di voi possono ancora raccontare in prima persona storie di violenza, odio e discordie; alcuni, nella loro stessa carne; altri, di qualche conoscente che non c’è più; e altri ancora per paura che le ferite del passato si ripetano e cerchino di cancellare il cammino di pace già percorso.”
E ha sottolineato con forza che: “È difficile parlare di riconciliazione quando sono ancora aperte le ferite procurate da tanti anni di discordia, oppure invitare a fare un passo di perdono che non significhi ignorare la sofferenza né chiedere che si cancelli la memoria o gli ideali. Nonostante ciò, Gesù Cristo invita ad amare e a fare il bene. E questo è molto di più che ignorare la persona che ci ha danneggiato o fare in modo che le nostre vite non si incrocino: è un mandato che mira a una benevolenza attiva, disinteressata e straordinaria verso coloro che ci hanno ferito.”
Prima di questa messa, che conclude la sua visita, papa Francesco aveva iniziato il suo terzo giorno in Mozambico visitando il centro sanitario di Zimpeto, fondato dalla Comunità di Sant’Egidio, che dal 2002, con il progetto “Dream” cura migliaia di donne e i loro bambini colpiti dall’Aids.
Il Papa saluta il personale e le peresone assistite, affermando che questo Centro sanitario “è manifestazione dell’amore di Dio, sempre pronto a soffiare vita e speranza dove abbondano la morte e la sofferenza”.
Francesco, riferendosi alla parabola del Buon Samaritano, spiega che “tutti quelli che sono passati da qui, tutti coloro che arrivano presi dalla disperazione e dall’angoscia somigliano a quell’uomo abbandonato al bordo della strada”.
“E voi”, dice il papa rivolto ai tanti volontari e medici, “qui, non siete passati a distanza, non avete proseguito per la vostra strada come avevano fatto altri, il levita e il sacerdote”.
E ha continuato: “Questa opera ci mostra che c’è stato chi si è fermato e ha sentito compassione, chi non ha ceduto alla tentazione di dire “non c’è niente da fare”, “è impossibile combattere questa piaga” e si è dato da fare con coraggio per cercare delle soluzioni.”
Guarda su vaticannews le immagini più significative di questi giorni passati da papa Francesco in Mozambico: