In Etiopia le tensioni sociali sono di nuovo riemerse, nonostante il Premier Abiy Ahmed abbia ricevuto proprio quest’anno il Premio Nobel per la Pace.

Minacce e fratture interne al Paese

 

Era il 2018 quando Abiy Ahmed venne nominato Primo Ministro dell’Etiopia. Un anno dopo, proprio ad Ahmed, è stato conferito il premio Nobel per la Pace. Ma a ben guardare la situazione sociale etiope sembra che la pace sia ancora lontana. Alla fine del mese di ottobre sono scoppiate in varie zone del Paese rivolte e contestazioni proprio contro il Premier. I disordini sono culminati con l’uccisione di oltre 70 persone, a causa degli scontri tra forze dell’ordine e manifestanti. Secondo Ahmed, si tratta di atti sovversivi per destabilizzare la nazione e per provocare una crisi etnica e religiosa. Ma l’Etiopia rimane uno Stato solcato da fratture interne che rendono la pace quanto mai fragile. I gruppi che si oppongono alla politica dell’attuale Premier sono forti; basti considerare la reazioni dei sostenitori di Jawar Mohammed (nella foto qui in alto) – tra le voci critiche verso Ahmed – appena questi ha denunciato il tentativo delle autorità di togliergli la scorta e di farlo arrestare. Secondo i media africani, oltre un milione di persone sono scese per le strade di Addis-Abeba per sostenere Jawar Mohammed (fondatore di Oromia Media Network). A seguito dei disordini sono stati arrestati oltre 400 individui. La zona etiope più instabile è la regione di Oromia, dove Jawar Mohammed ha un vasto seguito.

Un premio Nobel per la Pace inutile?

Il Presidente Abiy Ahmed

La Commissione che ha scelto Abiy Ahmed come personaggio meritevole di ricevere il Nobel per la Pace 2019 conosceva gli ostacoli che il Premier etiope deve affrontare nel suo Paese. Proprio per questo l’ha voluto sostenere con questo riconoscimento importante. Nel comunicato che motiva tale decisione si legge che il premio è stato assegnato al Premier etiope Abiy Ahmed Ali (qui nella foto) “per i suoi sforzi per raggiungere la pace e la cooperazione internazionale, e in particolare per la sua decisiva iniziativa per risolvere il conflitto di confine con la vicina Eritrea”. Non è trascorso nemmeno un mese da questa decisione che l’Etiopia sta rivivendo un’ondata di profonda instabilità sociale e politica. Come se non bastasse l’aspra voce critica di Jawar Mohammed, il Premier Ahmed deve affrontare un’altra spinosa questione: la crisi diplomatica con l’Egitto per la costruzione di una grande diga sul Nilo.

Etiopia-Egitto e la diga della discordia

È da decenni che le guerre si fanno anche per il controllo dell’acqua. E l’Etiopia e l’Egitto sono tra quelle nazioni al mondo che si osteggiano proprio a causa del progetto di costruzione della grande diga sul Nilo Azzurro. Definita “Rinascimento etiopico”, la diga sul Nilo Azzurro è fortemente voluta dal governo di Addis Abeba. L’attuale Premier è un forte sostenitore di tale progetto, tanto che nel giugno 2020 dovrebbe iniziare il riempimento del grande bacino. Per l’Egitto, ma anche per il vicino Sudan, questa iniziativa etiope è allarmante: si teme una crisi idrica. Bisogna ricordare che oltre il 90% dell’acqua consumata in Egitto deriva dal Nilo. Secondo Franck Galland, tra i massimi esperti europei sulle questioni relative alle risorse idriche, «le autorità etiopi hanno approfittato del caos della rivoluzione egiziana nel 2011 per accelerare lo sviluppo della diga. Per l’Etiopia di tratta di un imponente e strategico piano, dato che una volta terminato, sarà il più grande bacino idrico dell’Africa e la XIII diga al mondo in termini di capacità idroelettrica».

In particolare, è stata una dichiarazione del Premier etiope, premio Nobel per la Pace, ad aver destato notevole preoccupazione, non solo in Egitto. «Se dobbiamo entrare in guerra, noi possiamo mobilitare milioni i persone», aveva dichiarato Ahmed in Parlamento, addolcendo poi la dichiarazione sottolineando che la guerra «non sarebbe nell’interesse di nessuno». Bisogna ricordare che le tensioni tra Etiopia, Egitto e Sudan per l’utilizzo delle acque del Nilo sono vecchie di oltre un secolo. Già la creazione della diga di Assuan fu motivo di tensioni e già Haile Selassie era intenzionato a realizzare ben 29 dighe sul Nilo Azzurro. Ma le acque di questo importante fiume africano rimangono una risorsa preziosa. E lo sono ancor di più in questa fase storica dell’umanità, caratterizzata dal riscaldamento della temperatura globale sul pianeta e dall’imprevedibilità dei cambiamenti climatici che stanno inaridendo varie zone del continente africano (si veda in proposito il numero 146 di SMA Notizie, il cui Focus è dedicato proprio agli effetti dei cambiamenti climatici in Africa).

Silvia C. Turrin

Foto: Wikimedia