Figlio del fondatore della nota azienda del miele, medico e missionario comboniano, morì nel 1987 dopo aver speso ogni energia per mettere in salvo dalla guerra i pazienti del suo ospedale nel villaggio di Kalongo. Si prepara a diventare presto beato.

Papa Francesco ha infatti riconosciuto un miracolo avvenuto per intercessione del medico e missionario, che ha vissuto per trent’anni la sua vocazione al servizio dei poveri tra le popolazioni di etnia acholi, nel Nord dell’Uganda.

Padre Giuseppe Ambrosoli veniva da una famiglia importante: nato nel 1923 a Ronago (CO) era infatti uno dei figli del fondatore dell’omonima azienda del miele. Era cresciuto nel Cenacolo, il gruppo dei giovani dell’Azione Cattolica di Como.

Si iscrisse alla facoltà di Medicina proprio con il desiderio di partire per la missione: “Dio è amore, c’è un prossimo che soffre ed io sono il suo servitore”, spiegò ai familiari.

Nel 1949 entrò tra i missionari comboniani, e fu ordinato sacerdote dall’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini. Nel febbraio 1956, così, s’imbarcò per l’Africa dove fu destinato a Kalongo, allora un villaggio sperduto nella savana, nel Nord dell’Uganda. Ad attenderlo trovò un piccolo dispensario medico – una capanna con il tetto di paglia – che sarebbe diventato per trent’anni tutta la sua vita.

Grazie alla sua grande professionalità, all’instancabile dedizione e alla sua incrollabile fede, padre Giuseppe riuscì a trasformarlo in un ospedale efficiente e moderno. Accanto all’ospedale fondò anche la St. Mary’s Midwifery Training School, oggi ufficialmente riconosciuta come una delle migliori scuole di ostetricia del Paese.

La sua dedizione senza riserve divenne trasparente nel momento più drammatico: il 13 febbraio 1987, nel pieno della guerra civile che flagellava il Nord Uganda, padre Giuseppe fu costretto per ordine militare a evacuare l’ospedale in sole 24 ore. In quella situazione drammatica i collaboratori lo sentirono dire: “Quello che Dio chiede non è mai troppo”.  Dopo aver messo in salvo a Lira il personale medico e i malati, Ambrosoli riuscì a salvare anche la scuola di ostetricia. Ma questo sforzo minò irreparabilmente la sua salute già precaria: il 27 marzo 1987, appena 44 giorni dopo l’evacuazione dell’ospedale, morì per una crisi renale pochi minuti prima che arrivasse da Kampala l’elicottero inviato in suo soccorso.

Lucia Lomokol è una donna ugandese, è il 25 ottobre 2008 stava per morire a 20 anni di setticemia, dopo aver perso il figlio che portava in grembo. All’ospedale era arrivata troppo tardi e allora uno dei medici, vista l’impossibilità ormai di alcuna terapia, le aveva posto sotto il cuscino l’immagine di padre Giuseppe invitando i familiari a invocare il “grande dottore”.

Quella donna è guarita in un modo scientificamente inspiegabile. Segno visibile del miracolo tutto quotidiano che è stata la vita di padre Ambrosoli che la Chiesa si appresta a indicare al mondo come storia di santità.

Da Mondo e Missione