Hauwa Ibrahim, fondatrice di “Mothers withour borders” incontra le con le mamme di alcuni giovani terroristi legati al gruppo Boko Haram in Nigeria. Le convince ad andare a visitare i loro figli in prigione. E da questi incontri nasce in loro il desiderio della pace e della riconcilaizione.
Così racconta la sua esperienza: “In quel periodo, cominciai a viaggiare attraverso la Nigeria e a incontrare madri di alcuni leader di Boko Haram che erano stati catturati e tenuti in custodia. Più tardi entrai in contatto con alcune mamme di terroristi nei villaggi. Sapevo che i loro figli erano stati irretiti da elementi radicali ma non volli parlarne inizialmente, mi interessava solo accostarmi a loro e cercare di capire meglio la loro realtà, da quali contesti provenissero e cosa potesse spingere un giovane di quegli ambienti a unirsi a jihadisti.
Al di là delle folli sovrastrutture ideologiche, erano esseri umani, pieni di paura e con gli stessi bisogni di chiunque altro. Quei ragazzi si erano uniti a Boko Haram alla ricerca di un senso nella vita.
Con l’aiuto delle madri riuscimmo a farli parlare di cose che non avevano mai rivelato prima. Fu allora che mi si schiuse davanti gli occhi il potere soft delle mamme. Compresi quanto quell’arma dolce fosse più forte di cento eserciti e pensai che fosse il valore aggiunto nella lotta contro il dilagare del terrorismo e dell’estremismo violento per raggiungere un mondo più sicuro e pacifico. Quello stesso soft-power fu più tardi molto utile per il ritrovamento di decine di ragazzine rapite.
Convinsi alcune donne ad andare in carcere e tornare a incontrare i propri figli arrestati per le loro attività terroristiche in Nigeria e ristabilire con loro un contatto.
Ricordo due donne che erano convinte che i propri figli fossero morti mentre i ragazzi che le loro madri li avessero dimenticati per sempre. Quando si rividero in prigione, dopo tanto tempo, iniziarono a piangere senza sosta. Uno dei ragazzi si lanciò verso le braccia della mamma e non la lasciava più andare, era tornato bambino.
Sono certa che tutti quelli presenti a quell’incontro, furono profondamente toccati e cambiati da quelle scene. Fu una delle prime esperienze e mi rinforzò nel pensiero che le mamme, le donne, sono capaci di esercitare una forza superiore, non solo verso i propri figli.
È questo il senso di Mothers Without Borders, mettere insieme donne di tutto il mondo per favorire una lotta attiva verso l’umanizzazione di ragazzi che sembrano perduti per sempre e avvicinarsi alla pace e la riconciliazione”.
Luca Attanasio, in omnisterra.fides.org