Il film Akasha del giovane regista Hajooj Kuka, passaporto del Sud Sudan, è stato scelto per partecipare alla sezione “Settimana internazionale della Critica” della Mostra del cinema di Venezia 2018.

È una commedia girata nelle zone di guerra tra le montagne dei Nuba. Il protagonista è Adnan, un guerrigliero considerato eroe di guerra dal suo villaggio. L’amore che prova per il suo fucile Kalashnikov AK47 è pari solo a quello per Lina, la sua paziente fidanzata. Dopo un’azione militare in cui ha abbattuto un drone, ottiene una licenza premio. Ma resta un po’ di più con Lina, per cercare di fare pace con lei, inviperita dalla gelosia. E così ritarda a rientrare all’unità militare. Per di più non ha la sua arma, che la fidanzata le ha sottratto e nascosto. Allora il comandante Blues lancia una kasha, cioè una retata per arrestare i soldati che mancano all’appello. Colto di sorpresa, Adnan si dà alla fuga con l’amico Absi, un simpatico musicista pacifista. La strana coppia, travestita da donne, studia tutti i modi perché Adnan recuperi la sua arma, e si riconcili con Lina, sfuggendo ai compagni dell’unità militare. Il film segue le loro comiche e rocambolesche peripezie in un paese lacerato dalla guerra che oppone varie fazioni.

In Sud Sudan, quando inizia la stagione delle piogge, da maggio a ottobre, i combattimenti fra i ribelli e l’esercito governativo sudanese si fermano e i soldati possono tornare al villaggio e alle loro famiglie per occuparsi delle coltivazioni. Quando le piogge terminano, riprende la guerra. Va avanti così da 7 anni, dalla secessione dal Sudan, anche per Hajooj Kuka: “Quando si combatte seguo come reporter e documentarista gli scontri sul campo. Ma quando inizia a piovere, torno al mio villaggio a Nuba, nel Sudan del nord, e tengo lezioni di cinema ai giovani, giro con loro dei cortometraggi e facciamo teatro”

E aggiunge:Le nostre vite sono sature della retorica e dell’ideologia della Guerra e della rivoluzione. Nel film mostro quello che vedo ogni giorno, la bellezza di un popolo pacifico dove nessuno ti chiede se sei cristiano o musulmano. Il cinema serve a fare crescere la nostra società e a farci conoscere fuori”. Ma ci vuole coraggio a scegliere di parlare della guerra col tono della commedia: “Io porto il cinema in paesini da 500 persone con un camioncino, e vengono tutti. Ma il pubblico, quando passa la paura delle bombe, da noi ha voglia di ridere. Così attraverso la commedia veicolo domande come: Per che cosa stiamo combattendo? Avremo una vita migliore? Cosa vogliamo costruire?”.

Con il suo Akasha,  Kuka vuole mettere alla berlina il Sudan rivoluzionario e la sua propaganda. Prende di mira la mentalità che si inculca nei giovani guerriglieri, quella dell’invincibilità e del potere. Denuncia una guerra che non è voluta dal popolo, ma scaturisce solo dal delirio di alcuni capi-milizia divenuti troppo in fretta governanti di un paese indipendente non ancora educato alla democrazia.

C’è tanta, preziosa, umiltà in questo breve (solo 78 minuti) e appassionato film, coprodotto anche da Sudafrica, Qatar e Germania.

I due protagonisti maschili del film, Kamal Ramadan e Ghaia Mohamed Chakado, non son potuti venire a Venezia per la presentazione del film. Sono bloccati da pastoie burocratiche in un campo di rifugiati in Uganda. Della bella Ekram Marcus, che interpreta Lina, scoperta dal regista nella scuola cattolica di Nuba, invece si sono perse le tracce. “So che è in un campo rifugiati in Sud Sudan , ma non riesco a contattarla”, spiega Kuka, che dopo Venezia andrà al Festival di Toronto. “Presto invece raggiungerò i miei due attori nel campo in Uganda. Vorrei proporre un progetto di cinema mobile anche per i campi rifugiati.”

(Adattato da un articolo di Angela Calvini su Avvenire del 2/09/2018, e da una recensione del sito www.nonsolocinema.com)