Non è sempre facile parlare dell’Africa e dei suoi valori, tanto sono numerosi i pregiudizi che circolano, non solo con le chiacchiere nei bar, ma anche nelle scuole, nei gruppi parrocchiali e perfino in chiesa. Trovi sempre chi si emoziona vedendo le immagini dei bambini che ti fissano con gli occhioni spalancati e la scodella vuota in mano, o le folle di

Capita anche di incontrare chi chiede curiosità, informazioni sulle ricchezze del sottosuolo e delle foreste… o sulle inevitabili calamità e violenze che derivano da uno sfruttamento ingiusto e incosciente di quelle terre. Ma sono pochissimi a conoscere e interessarsi delle ricchezze culturali, spirituali e umane di quel continente così vario e grande 100 volte l’Italia.

A complicare le cose ora è arrivata anche la pandemia!

Il covid-19 ha rovinato i nostri programmi

Guerre, rifugiati e profughi di ogni categoria sono passati in secondo piano, tant’è forte la paura del virus che ci tocca da vicino. E come molti operatori e lavoratori italiani, anch’io ho perso il lavoro. Nei tre mesi di lockdown, chiese, scuole e sale parrocchiali sono rimaste chiuse. Così alla SMA di Feriole noi missionari abbiamo fatto i monaci di clausura. Al massimo, siamo riusciti a produrre qualche incontro virtuale su skype e zoom.

Ora che tutto si riapre timidamente e la vita quotidiana sembra tornare alla normalità, per l’animazione missionaria dobbiamo ancora immaginare programmi con tanti “se” e “ma”. Naturalmente stiamo ultimando un bel volantino con le attività che presenteremo alla festa del prossimo settembre. Ma si potrà ancora andare nelle scuole e parlare di mondialità ai ragazzi? I gruppi di giovani verranno agli incontri di formazione missionaria? Potremo rispondere alle provocazioni che ci arrivano da ogni parte del mondo?

E io riuscirò a visitare i seminari della Lombardia e Emilia Romagna, come previsto per quest’anno? Potrò testimoniare nelle diocesi la bellezza della missione e affermare che non c’entra la geografia ma il Vangelo? E i viaggi estivi in Africa? In questi mesi c’era in programma la visita alle missioni di Tanzania, un pellegrinaggio a Lourdes, il cammino di Santiago… Poi dovevamo fare una settimana missionaria a Genova. Dovevamo… dovevamo… e tutto è saltato!

Educati a sperimentare il provvisorio

Proprio come capita in missione. Appunto! Forse è questa la nostra animazione in tempo di covid: sperimentare sulla propria pelle il provvisorio, la precarietà, l’incertezza del presente e ancor più del futuro. Come in tante parti del mondo dove i cristiani non possono ricevere l’eucarestia, i preti non riescono a far programmi a lungo termine e la paura è quotidiana. Come quando sparavano a Abidjan e in casa bisognava stare giù con la testa e lontani dalle finestre.

Non potendo più uscire, ci chiedevamo dove trovare qualcosa da mangiare per l’indomani. O se ci saremmo rivisti ancora al mattino. Eppure proprio in quei giorni di fragilità e impotenza, ho sperimentato tante belle realtà che mi hanno marcato.  L’amicizia, per esempio. Quanta gente, vicina o lontana, ci voleva bene e rischiava la vita per portarci un bidone d’acqua piovana o un po’ di carne affumicata (…non chiedevo mai di che animale fosse!). Tra noi si era creato un legame più forte del colore della pelle o del credo religioso. E io sentivo proprio la mano del Signore sulla testa.

Fare animazione missionaria di questi tempi, con il covid, le vocazioni che mancano, le offerte che scarseggiano e tante altre difficoltà, diventa allora una bellissima occasione per tornare a contare più sul Signore che sui miei programmi. Lui agisce sempre in maniera sorprendente e inaspettata. Durante la solitudine della pandemia, per esempio, la nostra capellina non è mai stata così piena di presenze spirituali e intenzioni speciali.

Il distanziamento sociale non ha affievolito le amicizie

Molti amici hanno pensato a noi e ci hanno aiutato a testimoniare la missione con il silenzio e la preghiera. Anche una telefonata, un dono, un saluto a distanza e con mascherina sul volto… sono stati regali preziosi. E io ho sentito ancora la mano del Signore sulla testa. Poi portavo tutti nella Santa Messa della sera.

Così per padre Gigi: nella sua prigionia, è diventato il nostro più grande animatore missionario. Da due anni non può andare dove vuole, non può celebrare Messe né far prediche, non sappiamo neppure dove sia… Eppure parla fortissimo, in tutta Italia e oltre. Nei seminari di Calabria e Sicilia dove sono passato lo scorso anno, i seminaristi lo conoscono e pregano per lui.

Così in Francia, in Spagna… Continuiamo anche noi a pregare, chiedendo al Signore la liberazione di padre Gigi, ma non perdiamo mai la speranza e la certezza che “niente può incatenare la Parola” (2 Tm 2,10) : né l’Isis, né il virus o ogni forma d’ignoranza.

P. Dario Dozio
casa di animazione missionaria SMA di Feriole