Una vocazione missionaria nata in modo impensabile, quella di Annalisa. Ma da sempre radicata nella volontà di donare la propria vita a Dio e ai fratelli/sorelle. Una vocazione che è un dono da condividere, con gioia e passione.

Pozzo scavato a Gongobel per ortocoltura

La mia vocazione di laica missionaria è iniziata tanti anni fa, in un modo impensabile: all’epoca ero responsabile dei giovani della Democrazia Cristiana di Padova. Avevo organizzato un incontro nella mia città con missionari di vari istituti presenti sul territorio. Lì ho conosciuto le motivazioni, la varietà e la ricchezza dei carismi missionari, e le opere che ciascun istituto compiva in missione. Da allora l’annuncio del Cristo è diventato anche per me una priorità. La vita mi ha offerto finalmente la possibilità di vivere la mia vocazione missionaria in Africa, in Costa d’Avorio.

Per me non è “fare esperienza di missione”; questo mio servizio all’Africa è “donare la mia vita a Cristo e seguirLo nella Sua Missione”. Attualmente i tempi non sono facili qui nell’estremo nord-est della Costa d’Avorio, al confine con il Burkina Faso, Paese diventato bersaglio dei jihadisti. E per questo motivo, vivendo in una zona dichiarata “rossa” per il pericolo del terrorismo, vari mesi fa il Vescovo di Bondoukou e il suo Consiglio mi hanno ordinato di lasciare la missione di Téhini, dove facevo parte di un’équipe pastorale con due preti diocesani locali, condividendo la vita con M.me Marie, una signora di etnia koulango, originaria di Yamadougou, villaggio vicino a Bondoukou. Marie è rimasta a Tehini, per assicurare la presenza e alcuni servizi alla missione.

Negli anni 1996-98, con l’accordo del Vescovo,  mi era stata affidato la direzione del “Centro Botogoni”, luogo di incontri e ritiri della Diocesi di Bondoukou. Ho potuto così collaborare anche con p. Giacomo Ubbiali che viveva al Centro, e con p. Giacomo Bardelli, parroco nella parrocchia della Cattedrale Sainte Odile, entrambi missionari SMA. M.me Marie era una delle cuoche e ci preparava i pasti durante le formazioni dei catechisti.

Finalmente l’acqua potabile nel villaggio di Polenkaye

Per ragioni di sicurezza, come dicevo, dal gennaio 2020 ho vissuto a Bondoukou, dove mi è stata affidata la visita ai malati del Centro Saint Camille, affiliato all’Associazione per malati mentali di Grégoire Ahongbonon, poiché la suorache se occupava era in Francia per malattia. Il fondatore di questo Centro Saint Camille di Bondoukou è stato p. Bardelli, che ha iniziato le costruzione nel 2001. Io ne sono stata testimone.

Ma da qualche mese il Vescovo mi ha proposto un’altra missione: mi ha inviato nel villaggio di Tambi, dove vive una popolazione di etnia Nafana, un ramo del grande popolo Senufo, che abita il nord della Costa d’Avorio. Il villaggio di Tambi dipende dalla Parrocchia della Cattedrale, è a circa 40 km da Bondoukou, e a 16 km dalla frontiera con il Ghana. La comunità cristiana di Tambi non è ancora Parrocchia: un prete diocesano viene periodicamente da Bondouko a celebrare la Messa. Forse l’anno prossimo – se Dio vorrà – diventerà “quasi-parrocchia” con un proprio sacerdote.

Questa nomina mi ha riempito di fiducia. Ringrazio sempre il Signore, per la conferma della sua chiamata e per il nuovo compito che mi ha affidato. Lavorare con-per-in Gesù è bello, entusiasmante, dà pace e coraggio, e la convinzione di far parte del Suo misterioso piano redentivo, anche se non mancano momenti di sofferenza, di dubbio e di persecuzione. Ma giustamente per fede sappiamo che tutto questo fa parte del Suo piano misterioso che passa attraverso la croce. Sto dunque vivendo un’ulteriore tappa di quell’invio della mia Chiesa d’origine, la diocesi di Padova, alla Chiesa sorella di Bondoukou.

Formazione delle donne

Una chiamata specifica, la mia:  laica e missionaria. I missionari laici , secondo me, vivono con forti motivazioni e convinzioni interiori, suscitate dallo Spirito Santo, anima della Missione.

Indispensabile perciò è salvaguardare del tempo per la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio, cercando di metterla in pratica, e per una vita sacramentale intensa.

Poi viene tutto il resto, compresa la propria professionalità. Per un buon inserimento ed un’efficacia di intervento, i ruoli dovranno essere concordati dopo dialogo e intesa con le realtà parrocchiali africane, in cui il laico missionario dovrà inserirsi, e anche con le autorità civili.

Penso che la vocazione laicale missionaria deve essere percepita come una grazia da condividere, non solo a parole ma con atti concreti, materiali e spirituali, con gioia, sacrificio, convinzione e tanta passione. Personalmente mi sento cittadina del cielo, appartengo a Dio. La mia vera Patria è lassù, da Lui. Tutti mi sono fratelli e sorelle, come Gesù ci insegna: sto bene dove Dio vuole!

Annalisa Tognon
missionaria laica in Costa d’Avorio