Beni, è la seconda città per importanza della Provincia del Nord-Kivu, estremo est della Repubblica Democratica del Congo. È la base di partenza per i visitatori del Parco del Virunga, famoso per i suoi gorilla di montagna.

Ma in questi ultimi tempi i media si sono occupati di Beni per altri motivi. Anzitutto per l’epidemia di Ebola, che, dopo aver seminato 2.250 morti, sembrava finita, e invece è ripartita lo scorso 10 aprile. E poi per le inondazioni di fine maggio che hanno lasciato senza abitazione 50.000 persone.

Ma nei giorni scorsi Beni e la Provincia del Nord  Kivu hanno attirato l’attenzione dei media per motivi ben più gravi: l’aumento dei massacri di civili e delle atrocità commesse da milizie e esercito.

Per prima ha lanciato l’allarme la Procuratrice della Corte Penale Internazionale, la gambiana Fatou Bensouda, che il 3 giugno ha fatto una severa dichiarazione: “Sono profondamente preoccupata per i numerosi rapporti che segnalano un aggravamento delle violenze nell’est del Congo. Questi rapporti parlano di assassini e mutilazioni perpetrati nei confronti di civili, compresi numerosi bambini: rapimenti, esecuzioni sommarie e extragiudiziali, stupri, saccheggi, incendi e distruzione di proprietà private. Questi atti potrebbero costituire reati che cadono sotto la competenza della Corte Penale Internazionale”.

Due giorni dopo è stata la volta di Michelle Bachelet, già presidente del Cile per due mandati, e ora a capo dell’Alto Commissariato dell’ONU per i diritti dell’uomo. Ha denunciato che solo negli ultimi 8 mesi nell’est del Congo sono stati registrati 1.300 casi di morte violenta, e centinaia di migliaia di sfollati. E ha ribadito che “il carattere generalizzato e sistematico di alcuni attacchi contro i civili nelle Province del Nord Kivu e dell’Ituri può costituire un crimine contro l’umanità o crimine di guerra”. Sotto accusa sono i numerosi gruppi di ribelli armati, ma anche le Forze Armate congolesi e la Polizia per la loro reazione sproporzionata.

Un video è pervenuto a fratel Antonio Soffientini, comboniano e responsabile della Commissione di Giustizia e Pace degli istituti missionari italiani, messogli a disposizione dal confratello p. Giulio Albanese. È prodotto dalla Zenjoy Video, l’etichetta che appare nel video, e ha come titolo “Je pleure avec Beni”, piango con Beni. Non pubblichiamo il video nel nostro sito, a causa delle immagini davvero scioccanti che contiene: foto delle vittime di violenza dell’est del Congo e delle efferatezze commesse su di loro. Si vedono persone decapitate, bambini sfregiati, arti mutilati, donne stuprate, crani squarciati da colpi di machete.

Accompagna le immagini una canzone in lingua swahili, senza indicazione dell’autore. La canzone, con un tono di lamentazione, dice: “Fratello mio, unisciti a me, mentre piango per la città di Beni. Abbiamo perso i nostri fratelli, molti ne sono morti. Chi ha compassione,  si levi per difendere Beni. Levati, o Dio, Signore di misericordia.”

Cosa sta succedendo a Beni e nel Nord Kivu? Tutto è cominciato negli anni ’90 del secolo scorso, quando il regime di Mobutu si stava sbriciolando e l’ex-Zaire scivolava nel caos della guerra civile.

Dal vicino Uganda, aveva trovato rifugio nelle foreste che coprono le montagne del Nord Kivu il gruppo ribelle ADF, Allied Democratic Forces (Forze democratiche Alleate), fondato da Jamil Mukulu, cristiano convertitosi all’Islam radicale, oppositore del dittatore ugandese Yoweri Museveni. Conta ancora tra 300 e 600 combattenti. Quando le FARDC, Forze Armate governative, hanno cominciato a perseguire i ribelli dell’ADF, la popolazione si è trovata nel mezzo, accusata di connivenza e complicità da entrambi, e oggetto delle più crudeli violenze. In particolare la popolazione della città di Beni da anni è bersaglio di continui attacchi e rappresaglie.

Faccio appello alle autorità congolesi perché mobilitino tutto quello che è in loro potere per ristabilire l’autorità dello Stato in queste zone di conflitto”, ha ammonito Michelle Bachelet. Ha chiesto con vigore che le Forze di sicurezza abbiano come primo obiettivo la protezione dei civili: “Proteggere i cittadini è compito e responsabilità dello Stato, e quando lo Stato lascia un vuoto, altri hanno tendenza a riempirlo. E l’esperienza passata della RD Congo mostra che ciò può avere delle conseguenze catastrofiche”.

Non rimaniamo ciechi e sordi di fronte alle indicibili sofferenze degli abitanti di Beni e delle tremende ingiustizie che vengono commesse impunemente nella regione!

P. Marco Prada

Le foto sono ricavate dalle pagine facebook di organizzazioni locali e internazionali che denunciano gli abusi commessi nell’est del Congo.

Articolo pubblicato anche nel sito degli Istituti Missionari Italiani