Chimamanda Ngozi Adichie, la pluripremiata scrittrice nigeriana, durante una lettura pubblica, successivamente edita e diventata un grande successo (in italiano, Il pericolo di un’unica storia, Einaudi, 2020), ha parlato del pericolo di raccontare o leggere una storia incompleta. Di conoscere un solo punto di vista. I ragazzi, ha aggiunto, sono facilmente influenzabili e la loro formazione deve basarsi su una conoscenza completa dei fatti.
Chimamanda Ngozi Adichie ha raccontato di aver iniziato a leggere molto presto, a quattro anni, e di aver scritto i suoi primi racconti a sette. I protagonisti delle storie che scriveva avevano tutti i capelli biondi e gli occhi azzurri, parlavano continuamente del tempo e bevevano ginger-ale.
Le sue letture infatti erano state libri occidentali, inglesi o americani, per ragazzi. E lei, come tutti i bambini, imitava quello che leggeva, si immaginava quel tipo di realtà scritta e non un’altra.
La letteratura per ragazzi in Africa, durante il periodo coloniale, consisteva proprio nei classici occidentali, portati nelle scuole dai missionari protestanti e dai governi colonizzatori: La bella addormentata nel bosco, La bella e la bestia, Alice nel paese delle meraviglie, Biancaneve e i sette nani, ne sono alcuni esempi. La letteratura tradizionale africana, i proverbi, le fiabe e le leggende erano considerati di serie B, mancanti di tecnica e per questo non furono stampati, privandoli dello stesso impatto alto che i libri stranieri invece avevano.
Oggi i libri per ragazzi scritti da africani sono disponibili sia in Africa che negli altri paesi (in italiano tra i più recenti: Nelson Mandela, Le mie fiabe (Donzelli editore), Chinua Achebe, Il flauto e il tamburo (Mondadori) e Jean Muzi, Storie del fiume Niger (Fabbri editore), le differenza culturali tra il mondo occidentale e quello africano continuano, come lo erano durante il periodo coloniale, ma il mondo è profondamente cambiato negli anni e i nostri mondi, culturalmente diversi, sono oggi più facilmente conoscibili.
Chimamanda Ngozi Adichie ha raccontato ancora di essere stata salvata dal pericolo di una storia incompleta dalla lettura di libri di scrittori africani, come Chinua Achebe e Camara Laye, che le hanno fatto scoprire che persone come lei, nere e con i capelli neri e ricci, potevano esistere nei libri. La realtà è sempre complessa, composta da più punti di vista.
Nella nostra letteratura per secoli l’Africa ha avuto una “storia incompleta”, una sola versione, quella degli occidentali, appunto. È stata l’Africa misteriosa, popolata di animali feroci e da uomini raccontati attraverso stereotipi. Le storie incomplete hanno sempre un legame con il potere. In Ibo – la lingua di origine di Chimamanda, parlata nella Nigeria sud-orientale – potere significa “essere più grande di un altro”.
Raccontare una storia incompleta vuol dire avere la presunzione di raccontare la versione definitiva ma da un solo punto di vista, senza far parlare l’altro. Più punti di vista danno vita ad una storia totalmente diversa. Tutte le storie ci rendono per quello che siamo e le storie incomplete creano realtà incomplete.
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Maria Ludovica Piombino, Biblioteca Africana Borghero
Foto: sito di Chimamanda, Wikimedia