Amos Tutuola nacque nel 1920 ad Abeokuta, in Nigeria da genitori di etnia Yoruba e di religione cristiana.

A sette anni andò a servizio da un uomo di etnia Ibo, che lo mandò a scuola presso l’Esercito della Salvezza. Nel 1939, Tutuola abbandonò gli studi e divenne un apprendista fabbro. In seguito svolse numerosi altri mestieri.

Nel 1946 completò il suo primo libro e l’anno seguente sposò Victoria Alake, da cui avrebbe avuto quattro figli maschi e quattro femmine. I primi tre libri di Tutuola gli guadagnarono la notorietà a livello addirittura internazionale.

Fu uno dei fondatori dello Mbari Club, un’organizzazione di scrittori ed editori destinata a diventare un importantissimo polo culturale della Nigeria. In seguito tenne lezioni all’Università di Ife e dello Iowa. Visse gli ultimi anni principalmente a Ibadan. Morì a 77 anni.

Nonostante gli studi piuttosto limitati, Tutuola scrisse i suoi romanzi in inglese, precorrendo la tradizione della letteratura africana in lingua inglese che avrebbe avuto moltissimi dei suoi esponenti di spicco proprio in Nigeria.

Il suo primo racconto, Il bevitore di vino di palma (in Italia, gli unici racconti di Tutuola tradotti, sono stati pubblicati da Adelphi nel 1983 in un unico libro), viene considerato un classico; fu pubblicato a Londra da Faber and Faber nel 1952 e poi tradotto in diverse altre lingue.

Nonostante l’interesse della critica internazionale, il romanzo fu molto criticato in Nigeria per l’uso fantasioso della lingua inglese, che Tutuola intenzionalmente fece tendere al pidgin.

Lo stile letterario molto originale di Tutuola ricalca le tecniche descrittive usate nella tradizione orale del suo paese con l’aggiunta di una dirompente fantasia ininterrotta in tutte le sue opere.

Proprio nel suo racconto La mia vita nel bosco degli spiriti (Adelphi 1983), compare per la prima volta la figura dell’ abiku, lo spirito-bambino destinato a rinascere più volte.

È un racconto incredibile, basato sull’uso di una lingua nuova, un inglese sgrammaticato e quasi incomprensibile, ma di estremo fascino.

Scritto in prima persona, racconta il viaggio iniziatico di un bambino di sette anni che si trova a vagare nel bosco popolato di spiriti buoni e cattivi, in un mondo parallelo al suo, a quello tranquillo del villaggio. Durante la sua lunga fuga nel bosco degli Spiriti, non sa ancora il significato di male e di bene.

Alla fine del viaggio, ritrovato il piacere di tornare nei suoi luoghi da lungo tempo abbandonati, gli rimane la nostalgia di quel pauroso, spesso torturante, ma sempre stupefacente bosco degli Spiriti.

“Appena entrai in questa città feci un giro e vidi uno spirito che tra tutti gli spiriti che vivevano là lui solo somigliava alle persone terrestri, e gli domandai se era terrestre come sembrava e lui rispose così: lo sono e non lo sono.

Gli dissi che non capivo. Mi disse che la sua storia era questa. Vedi, noi in questa città siamo tutti ladri e abbiamo derubato innumerevoli donne terrestri in ogni città, paese e villaggio della terra. Se una donna terrestre concepisce, noi scegliamo uno di noi che di notte vada da lei, e mentre la donna sta dormendo, lui usa il suo super potere invisibile per trasformarsi nel bambino che, quando sarà il momento, la donna partorirà.

E allora terrestre, se arrivi nella tua città della terra e senti dire che una donna partorisce bambini che muoiono sempre e continuamente, allora credimi siamo noi quei bambini, i bambini nasci-e-muori”.

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A cura di Maria Ludovica Piombino
Biblioteca Africana Borghero