In Costa d’Avorio 11 organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo, ivoriane e internazionali, hanno reso pubblica una lettera al Presidente della Repubblica, Alassane Ouattara, nella quale gli ricordano l’impegno da lui preso 7 anni fa in campagna elettorale per rendere giustizia alle vittime della cosiddetta crisi post-elettorale. Dà risalto a questa notizia l’Ong Human Rights Watch.

 

Ricordiamo che nel dicembre 2010, dopo il secondo turno delle elezioni presidenziali vinto da Alassane Ouattara (nella foto), il perdente Laurent Gbagbo, presidente uscente, aveva scatenato un’ondata di violenze contro i partigiani del suo avversario, e in genere contro gli ivoriani originari del nord, che lo avevano votato in massa. Per mesi, nella capitale Abidjan, e in massima parte nell’ovest del paese, si sono commessi crimini contro l’umanità, quali stupri, torture, assassini, esecuzioni sommarie, bombardamenti di civili in quartieri e mercati cittadini. Ma gli stessi crimini sono stati perpetrati dai ribelli che sostenevano Ouattara, al momento della loro discesa verso la capitale, e nelle settimane successive all’arresto di Gbagbo, quando si sono scatenate le vendette e le rappresaglie.

Solo una decina di imputati sono stati giudicati in processi celebrati in questi ultimi anni per punire i crimini contro la persona e la proprietà del periodo post-elettorale, ma, fanno notare le organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo, tutti costoro fanno parte del campo pro-Gbagbo, e numerose irregolarità sono state commesse durante i loro processi. Nessun partigiano di Ouattara e nessun ex-ribelle, macchiatosi degli stessi crimini, è mai stato né incriminato, né giudicato.

Eppure lo stesso Ouattara nel 2011 alla sua prima investitura come presidente aveva dichiarato: “In Costa d’Avorio non ci sarà l’impunità. La giustizia sarà la stessa per tutti, non ci saranno eccezioni, né discriminazioni, e tutti saranno giudicati secondo la medesima legge”.

 

E nel 2011 aveva creato la “Commissione Nazionale di Inchiesta” (CNE), la quale ha fatto un pregevole lavoro per raccogliere e documentare 15.597 crimini e violazioni commessi in entrambi i campi, nei quali 3.248 persone hanno perso la vita. Aveva in seguito costituito un organo giuridico specifico, la Cellula speciale di inchiesta e istruzione” (CSEI), che ha incolpato un centinaio di responsabili militari e civili di crimini contro l’umanità e di violazioni contro i diritti dell’uomo.

Ma nessuno di questi incolpati è ancora stato formalmente incriminato e portato davanti ai giudici. La sola che ha subito il processo è stata la moglie dell’ex-presidente, Simone Gbagbo (nella foto). Era reclamata dalla Corte Penale Internazionale dell’Aia, ma Ouattara si è rifiutato di estradarla e l’ha fatta giudicare nel paese. Ma i giudici nel 2017 l’hanno riconosciuta non colpevole, benché il processo sia stato molto controverso, preparato da un’inchiesta giudicata insufficiente da parecchi giuristi, e macchiato di gravi irregolarità.

 

Le 11 Ong denunciano la mancanza di volontà politica nell’affrontare con verità questa pagina tragica e amara della storia del paese, e soprattutto le manovre del partito al potere per far votare una legge di amnistia, che passi la spugna sulle atrocità commesse. Una manovra fortemente condizionata dai vertici militari, che sono implicati in gravi crimini e violazioni dei diritti umani.

Le 11 organizzazioni, nella lettera aperta al Presidente, rifiutano categoricamente questa legge di amnistia, che va contro le disposizioni di  numerosi accordi e trattati giuridici internazionali, tra cui la Carta Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, che protegge i diritti delle vittime e sprona i governi a giudicare questi crimini con la massima giustizia.

 

“Dopo anni e anni di promesse – ha dichiarato Mausi Segun, direttrice della sezione africana di Human Rights Watch – la credibilità del Presidente Ouattara sarebbe seriamente compromessa se dovesse ostacolare l’opera dei giudici ivoriani nel loro sforzo di chiedere conto ai responsabili di assassini e stupri perpetrati durante la crisi post-elettorale. Le vittime, che aspettano da 7 anni, meritano di vedere condotti davanti alla giustizia gli autori dei crimini commessi contro di loro”.

Foto: HRW