Nato nel 1941 nella Repubblica Popolare del Congo, Emmanuel Dongala ha studiato prima nel proprio paese, poi negli Stati Uniti e in Francia. Nel 1979 torna in Congo ma nel 1997 è costretto a lasciare il paese a causa della guerra civile. Tornato in America trova il sostegno dello scrittore Philip Roth. Ha insegnato per molti anni letteratura africana francofona preso l’Università di Boston.
È autore di alcuni lavori teatrali e di una prima raccolta di racconti, diventata un classico della letteratura africana: “Jazz e vino di palma” (Edizioni Lavoro, 2005). Questo volume è composto di otto racconti di satira politica e in parte ispirati al musicista jazz John Coltrane.
Autore eclettico, poetico ed ironico, Dongala si sofferma spesso sul tema dell’infanzia, non smettendo mai di interrogarsi sul destino dell’Africa.
L’editrice Epochè nel 2006 ha tradotto il romanzo “Johnny Mad Dog”, nel quale Dongala descrive tutto l’orrore e l’insensatezza della condizione dei bambini-soldato, tracciando il ritratto affettuoso e partecipe di due ragazzini sedicenni, Johnny e Laokolè, che sanno lottare come adulti ma conservano tracce di dolcezza e di ingenuità.
Nel 2010 è stato ristampato “L’uomo di vento” (Epoche), una sorta di saga, una storia dal soffio epico il cui scenario è costituito dal Congo. Diversi sono i piani di lettura: viene raccontata l’avventurosa vita di un uomo, Mankunku e i cambiamenti sconvolgenti portati dal colonialismo nel continente africano. Un crocevia doloroso tra tradizione e modernità. Il romanzo è vincitore del Grand Prix littéraire d’Afrique Noir.
Recentemente, nel 2017, ha pubblicato “La Sonate à Bridgetower”, basato su una storia vera, la vicenda della dedica originale della sonata 9 di Beethoven, dedicata non al violista francese Rodolphe Kreutzer, ma al musicista Bridgetower, appunto.
Riguardo al rapporto tra scrittore e società, Dongala risponde: “Uno scrittore non fa nulla di più importante rispetto a un medico o a un ingegnere. Anzi. Il medico guarisce, l’ingegnere costruisce. Entrambi fanno cose che si possono vedere e che hanno delle conseguenze. Il compito dello scrittore è solo quello di mostrare ciò che fanno gli altri, medici e ingegneri compresi. È raccontarlo e comprenderlo. Nient’altro”.
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A cura di Ludovica Piombino, Biblioteca Africana Borghero