Le foreste e i popoli autoctoni che le abitano sono sempre più in pericolo. Negli ultimi anni, gli interessi economici e strategici della Cina stanno minacciando interi habitat naturali, mentre il progetto di creazione del Parco Messok Dja rischia di alterare il modus vivendi dei pigmei Bayaka.

La Cina all’assalto delle foreste africane

Varie società cinesi stanno provocando enormi danni alle foreste africane per motivi non solo legati allo sfruttamento del legno. Basti considerare ciò che accade in Camerun, dove varie aziende cinesi, oltre a portare avanti azioni di deforestazione, tendono a catturare e uccidere varie specie animali. Tra queste rientra il pangolino gigante – mammifero caratterizzato da una sorta di “corazza” – tra le specie più contrabbandate al mondo e perciò a rischio di estinzione. Viene particolarmente richiesto per le sue scaglie, contenenti cheratina, in quanto utilizzate nella medicina tradizionale cinese.

A ciò si aggiunge il sistematico abbattimento di alberi come il tali (Erythrophloeum ivorense della famiglia delle Leguminosae Caesalpiniaceae) e il moabi (tra gli alberi più grandi d’Africa). Proprio queste piante – per i loro frutti, le foglie e le scorze – sono importanti nella farmacopea dei popoli autoctoni delle foreste del Camerun. Il continuo abbattimento degli alberi provoca enormi danni non solo all’ambiente, ma anche a quei popoli che vivono in simbiosi con la foresta, come i pigmei.

Il controverso parco Messok Dja

Le foreste nel cuore dell’Africa sono oggetto di vari interessi economici e politici, più o meno chiari. Tra i progetti più nebulosi e alquanto discutibili vi è quello di creare l’area protetta di Messok Dja, nel Bacino del Congo. Tra le voci critiche verso questo progetto vi sono Survival International e la Rainforest Foundation.

Entrambe le organizzazioni hanno indagato sugli abusi e sulle violazioni dei diritti umani a danno dei popoli autoctoni. Nel 2017, Survival International ha pubblicato un rapporto lungo 120 pagine dal titolo How Will We Survive: The Destruction of Congo Basin Tribes in the Name of Conservation. Dalle indagine portate avanti, sembrerebbe che il progetto del Messok Dja stia compromettendo il modus vivendi delle comunità di pigmei Bayaka che abitano da secoli quelle aree.

Le denunce vanno però ben oltre, tanto che Survival, nel dicembre 2018, ha pubblicato alcune lettere dei Bayaka in cui vengono descritte le violazioni dei diritti umani commesse da guardiaparco finanziati dal WWF. Secondo Survival International, in nome di una presunta conservazione delle foreste, vengono attuate sistematicamente violazioni dei diritti dei popoli indigeni.

La Germania blocca gli aiuti al WWF

Dopo le varie denunce contro i guardiaparco (in qualche modo collegati all’organizzazione ambientalista) accusati di violenze e abusi, la Germania ha deciso di bloccare i finanziamenti al WWF. Questa decisione è stata presa a seguito dell’inchiesta avviata nel marzo 2019 da BuzzFeed, secondo cui ci sarebbero collegamenti tra WWF e quei gruppi che hanno torturato e ucciso decine di persone nel Parco di Salonga. Tali gruppi sarebbero milizie, finanziate ed equipaggiate dal WWF.

Come ricorda Survival International, sono in corso altre inchieste sul coinvolgimento del WWF in operazioni poco trasparenti contro popoli indigeni. Negli Stati Uniti sono impegnati i legislatori della House Commitee on Natural Resources; nel Regno Unito, se ne sta occupando la Charity Commission.

Un appello dei pigmei Bayaka alla Commissione Europea

Ci avete derubato della nostra foresta”. È questo, in sintesi, il messaggio inviato dalle comunità Bayaka alla Commissione Europea (tra i principali finanziatori del progetto del parco Messok Dja nella Repubblica del Congo). I pigmei Bayaka chiedono ai funzionari europei di fare sopralluoghi, prima di continuare a fornire ulteriori fondi al controverso parco Messok Dja pianificato sulle loro terre. Finora nessun funzionario europeo ha mai visitato la zona legata al progetto Messok Dja. Inoltre, le comunità locali non sono mai state coinvolte attivamente in questa iniziativa che rischia di modificare il loro habitat.

Se, da un lato, è lodevole l’intento di creare un Parco per proteggere le foreste pluviali del Bacino del Congo, dall’altro, tale progetto non tiene conto della simbiosi tra i pigmei e la natura. Non sono i pigmei che minacciano la sopravvivenza delle foreste, bensì le multinazionali interessate alle risorse naturali e minerarie della zona, le compagnie del legno, i cacciatori e i bracconieri. Come hanno ricordato gli stessi pigmei Bayaka: “Se la foresta è così bella, è perché noi siamo qui!”.

(a cura di) Silvia C. Turrin

Foto: Survival International; Center for International Forestry Research; Globalpulsemagazine.com