È uno di quegli stati africani che attira limitati turisti. Quei pochi hanno un forte spirito d’avventura, amano il deserto e vogliono conoscere meglio le ancestrali culture dell’Africa. Meta indubbiamente remota, contraddistinta da paesaggi saheliani, il Niger è una nazione che, a conoscerla bene, affascina. Lungo le rotte che attraversano città quali Zinder, Agadez, Niamey, Arlit, Bilma s’incontrano tanti popoli. Tra le più antiche e misteriose etnie del Niger vi è quella dei Wodaabe. Si tratta di genti seminomadi appartenenti alla più ampia etnia dei Peul o Fulbe, contraddistinti da specifici elementi che li differenziano sia dai Tuareg, sia dagli Hausa, così come dagli altri gruppi che vivono nel Sahel.
Wodaabe, popolo misterioso
Il loro nome, Wodaabe, significherebbe “gli scacciati”, una denominazione originatesi, secondo alcune fonti, dal loro rifiuto di partecipare alla Jihad – la guerra santa – dei seguaci di Usman Dan Fodio, musulmano, guida spirituale e militare cui si deve la fondazione dell’emirato Sokoto. I Wodaabe, chiamati anche Bororo, hanno invece rifiutato la conversione alla religione musulmana, preferendo rimanere legati all’antico culto degli antenati. Secondo altre fonti, il nome Wodaabe significa “popolo che segue la retta via”. Questo gruppo non ha subito l’influenza islamica, come testimoniano non solo le loro credenze spirituali, ma anche l’abbigliamento da loro usato, rigorosamente di pelli animali per rimarcare le proprie radici tribali.
Questa forte identità si esprime totalmente durante la celebrazione Gerewol che, di generazione in generazione, per millenni, scandisce l’essenza Wodaabe. Ogni anno in settembre, sin da un’epoca che si perde nella notte dei tempi, viene organizzato il Gerewol, evento che conserva un importante valore etnografico. Chi assiste a questa festa ritorna a un’epoca arcaica, quando ancora erano minime o del tutto assenti le influenze culturali esterne nella terra oggi conosciuta col nome di Niger.
Il Gerewol è l’incontro dei popoli nomadi, è l’occasione ideale per celebrare nascite, per trovare moglie, per ricevere notizie. Per sapere dove e quando questa festa sarà organizzata si fa tappa nella cittadina di Abalak, punto d’incontro delle genti del Sahel, che si scambiano informazioni legate ai ritmi e ai cambiamenti che avvengono nelle grandi distese di savana. Abalak, distante da Tahoua 135 chilometri, è quindi il luogo ideale per ottenere le indicazioni aggiornate sul Gerewol. Per assistervi è necessario inoltrarsi lungo piste sabbiose, varcando luoghi selvaggi per poi giungere nel grande anfiteatro naturale dove la festa si svolgerà.
Danze, canti e atavici simbolismi
Ciò che più affascina sono i volti dei Wodaabe, che per l’occasione, vengono colorati di rosso e di ocra. È proprio la fase del trucco, nonché l’accurata preparazione dei costumi a trasformare questo evento in una festa “della bellezza”. Una festa scandita da antiche danze (la più nota è chiamata Yaake) e da un gioco di sguardi unico, che esprime una particolare concezione di grazia e fascino maschile.
I canoni di bellezza denotano particolari elementi: per esempio, l’altezza media dei giovani uomini non scende mai al di sotto di 180 cm; il viso ha proporzioni simmetriche, di forma ovale, con un naso (tendenzialmente) aquilino. Sono tratti estetici generali, che nascondono però atavici (e misteriosi) simbolismi. Ogni elemento è predisposto in modo tale che gli uomini si sfidino nel corteggiamento delle donne più belle delle tribù, utilizzando semplicemente come arma il loro volto, che deve essere il più intenso possibile.
Il tutto è scandito da danze, dal suono dei gioielli che si muovono seguendo il ritmo dei Wodaabe, e poi dai colori intensi dei vestiti ornati di piume. Guardando i volti degli uomini danzanti si osservano i loro occhi roteare come in una specie di trance; si notano poi i loro sorrisi, ampi e luminosi per la dentatura di un bianco candido.
I gruppi di giovani Wodaabe ripropongono antichi canti e movenze che appartengono ad un ancestrale passato. Questi elementi trasformano il Gerewol in un grande evento di rilevanza etnografica e culturale, che può durare per giorni e giorni, fino a quando le genti del deserto di nuovo ritorneranno a percorrere le terre aride del Niger.
Silvia C. Turrin
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