Nel suo messaggio in occasione di questa giornata missionaria mondiale 2014, Papa Francesco ritorna con grande energia sul tema a lui caro e tante volte ribadito nei suoi discorsi e soprattutto nell’Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium” (“La gioia del Vangelo) in cui descrive la visione della Chiesa: “la Chiesa è missionaria per sua natura, quindi una “Chiesa nata in uscita”,
Nell’ultimo numero di SMA Notizie, anche noi, consacrati alla Missione per tutta la vita, siamo convinti che ” l’uscire” è uno dei verbi della vita: per vivere il bambino deve uscire dal grembo della madre e in seguito la vita dell’uomo che vuole vivere sarà improntata a continue uscite in senso fisico, psicologico, culturale…ad ogni tappa della sua esistenza fino all’ultimo respiro.
Uscire è anche un verbo della fede, all’immagine della Trinità che chiede al Figlio di uscire dalla vita trinitaria e che chiede ai suoi discepoli di “andare in tutto il mondo”.
Molte altre volte i vari Papi paragonavano la Missione della Chiesa come un corpo che respira: per poter vivere ha bisogno del soffio dello Spirito che la invia sempre oltre le sue mura non solo come un dovere, ma come una necessità di vita; respirare comporta due movimenti: l’aspirazione, cioè il ricevere dallo Spirito la sua forza di grazia, e l’ espirazione, cioè l’andare oltre se stessa per portare a tutti la Salvezza che ha ricevuto per il mondo intero.
Ciò che dà vita, dà anche gioia, la gioia di chi ha una vita piena, bella e sana che solo Dio può dare.
Vita e gioia sono binomi essenziali perché la Buona Notizia di un Dio fatto uomo per salvarci diventi comprensibile, capace di attirare a sè tutti gli uomini assetati di Verità e di Liberazione, stanchi di cercare con le loro sole forze una vita con scampoli di gioia effimera data dai divertimenti passeggeri, da “sballi” distruttivi di eccitazione per droga di qualsiasi genere, di stati di alienazione e di allucinazione.
Coscienti che solo in Gesù Signore e Salvatore possiamo trovare Vita e Gioia piena, la Chiesa tutta missionaria nei suoi “fratelli di adozione” diventa testimone di ciò che Dio vuole che l’uomo sia: vivo, capace di gestire la sua vita nei momenti anche difficili, un uomo che sta in piedi da solo con la forza dello Spirito che ha ricevuto, un uomo che rispetta la vita perché, come diceva S. Ireneo, “la gloria di Dio è l’uomo vivente”.
Chi, in nome di Dio, non rispetta la vita degli altri in tutti i suoi aspetti, in tutte le sue tappe, dal primo concepimento alla sua morte corporale, è nemico di Dio e non è più uomo, ma creatura di Satana o Demonio, cioè entità malvagia e distruttrice, menzognera o contrapposta a Dio, all’angelo, al bene e alla verità.
Nel suo messaggio Papa Francesco fa riferimento in particolare al ritorno dei 72 discepoli che, dopo la loro esperienza missionaria, raccontano con entusiasmo le meraviglie di cui sono stati testimoni: “I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Luca 10,17-20).
Su quest’ultima frase si sofferma Papa Francesco.
Dopo la grande gioia provata anche da Gesù che si rallegra e ringrazia il Padre perché “queste cose le ha rivelate ai piccoli e ai semplici”, il Papa dà il vero motivo per cui il missionario trova una gioia completa: non solo per aver costato quanto potente sia il potere dato da Gesù di “scacciare i demòni”, di debellare ogni spirito del Male, comprensivo di tutto ciò che negativo nell’uomo e nel mondo in cui vive, ma soprattutto di averlo scelto per amore, formato fin dal seno della madre, per essere il suo messaggero e testimone di amore, di salvezza e liberazione.
“Evangelizzatori con Spirito”
Papa Francesco richiama ad essere “Evangelizzatori con Spirito”, il che significa evangelizzatori che pregano e lavorano.
“Dal punto di vista dell’evangelizzazione, non servono né le proposte mistiche senza un forte impegno sociale e missionario, né i discorsi e le prassi sociali e pastorali senza una spiritualità che trasformi il cuore. Tali proposte parziali e disgreganti raggiungono solo piccoli gruppi e non hanno una forza di ampia penetrazione, perché mutilano il Vangelo”.
Impegno dell’annuncio del Vangelo da parte di tutti i cristiani.
Per ogni cristiano si tratta di vivere una fede adulta:
Nei paesi di missione ci sono masse che sono in attesa, popoli interi che non conoscono Gesù Figlio di Dio, Salvatore e Liberatore del Male e delle sue devastanti opere di morte, di violenza, di sopraffazione e di divisioni che si moltiplicano ogni giorno, non solo nelle zone lontane da noi, dalla nostra vista, ma che provocano anche in noi sentimenti di paura, di disorientamento, di incapacità di capirne le cause e soprattutto di impotenza,
ma anche nella nostra società che si considera “civile” e cristiana, nei vari momenti della vita e della convivenza sociale, in particolare oggi dall’arrivo di popoli di altre culture e religioni che, per chi è impreparato, pongono problemi, spesso ingrossati o mistificati, diffusi spesso da interessi di parte.
Il compito missionario di ogni cristiano è quello di “per farsi promotore della novità di vita, fatta di relazioni autentiche, in comunità fondate sul Vangelo. In una società multietnica che sempre più sperimenta forme di solitudine e di indifferenza preoccupanti, i cristiani devono imparare ad offrire segni di speranza e a divenire fratelli universali, coltivando grandi ideali che trasformano la storia e, senza false illusioni o inutili paure, impegnarsi a rendere il pianeta la casa di tutti i popoli”.
E’ ancora oggi più valido quest’invito dato dai messaggi del Papa qualche anno fa.
Come non pensare a quello che viviamo anche in un’Italia che si dice cattolica e che è guidata dalla paura del “diverso”, paura dalle persone diverse per cultura e religione, di lingua e di sensibilità, diversa per comportamenti che vorremmo cambiassero e diventassero come noi?
C’è da riflettere! Un racconto tibetano racconta: “Ho visto un’ombra in mezzo alla foresta e ho avuto paura, perché credevo che fosse una belva feroce. Mi sono avvicinato e ho visto che era un uomo. Mi sono avvicinato ancora di più e ho visto che era un fratello”…..
Lo sguardo di sospetto che ci imprigiona non è nella linea del cristianesimo che professiamo.