Grazia Cavalluzzi ripercorre con il ricordo il suo cammino di volontaria a servizio dell’Africa. E scopre quanto è cambiato il suo sguardo sugli altri e sul mondo

Ripenso spesso al mio primo incontro con alcuni missionari che animarono una missione cittadina nella mia città, Toritto, in provincia di Bari.

Avevo solo 19 anni, e quello fu un incontro che mi aprì occhi e cuore per dare inizio a un cammino specifico, rispondendo all’invito del Maestro: “Ascolta, Israele!” 

Le testimonianze dei tanti missionari passati dalla nostra parrocchia, donandoci ognuno il meglio di sé, l’impegno nella Chiesa locale e in diocesi, i corsi di formazione, tutto ciò mi ha aiutata ad intraprendere e a percorrere il mio cammino di fede personale e comunitario e a guardare anche oltre la mia realtà.

“Ad intra et ad gentes”, ho cercato di coniugare questo invito curando l’una e l’altra realtà, sognando l’Africa.

Sono passati tanti anni e, all’età di 52 anni, ho risposto ad un altro invito del Maestro: “Venite e vedrete”. Al seguito di p. Walter Maccalli, ho incontrato i figli di questa sorella speciale, l’Africa, che conoscono l’arte di amare, di donarsi, di accogliere, di condividere.

Io sono cambiata perché l’Africa mi ha dato quello di cui avevo bisogno e che il mondo in cui vivo non mi può dare. L’Africa mi ha aiutata a guardare il mondo come la mia patria, e i suoi abitanti come fratelli.

Sono tornata varie volte in Africa. Ho goduto di queste piccole soste come l’autista che, durante un viaggio, si ferma alla stazione di servizio non solo per fare il pieno ma anche per riposarsi un po’. Sono state fermate rigenerative, ho goduto i silenzi, ho pregato senza controllare l’orologio.

Ho cercato di guardare alla vita con gli occhi dei poveri. L’Africa che ho imparato ad amare è l’Africa dei sentimenti, dal cuore aperto a tutti, e capace di amare nonostante tutto.

“I poveri non sono una spesa extra o un’offerta una tantum, ma parte viva e preziosa della grande e unica famiglia umana”, scriveva il vescovo don Tonino Bello. Ringrazio Dio per tutti i missionari, gioiosi artigiani della Parola, che lasciano i loro affetti nei luoghi di provenienza e scelgono di essere padri e madri della famiglia universale.

Dico grazie a loro, anche perché forgiano gli apprendisti come me ad aiutare e soprattutto ad amare i poveri, nonostante le distanze geografiche.

Cari missionari, buona continuazione di questo cammino a chi lo riprende con un po’più di fatica rispetto a qualche anno fa, a chi lo intraprende per la prima volta, a chi si sforza di continuare a collaborare nonostante la fatica degli anni che passano, aiutati e sostenuti dalla preghiera e dalla gioia che viene dal donarsi.

Grazia Cavalluzzi
Associazione Il Buon Samaritano