Nel 1990 Antony aveva 13 anni. La guerra, iniziata da Charles Taylor alla fine dell’anno precedente dai confini con la Costa d’Avorio, era arrivata fino al suo villaggio. Dopo l’uccisione del presidente Samuel Doe, che aveva preso il potere con un sanguinoso colpo di stato, lui, la famiglia e migliaia di altri liberiani erano sfuggiti via nave fino ad Accra, nel Ghana.
Antony ha vissuto nel campo dei rifugiati, specialmente adibito per loro, alla periferia della capitale per 5 anni. Torna nel suo Paese e, ormai diciottenne, si trova nella capitale Monrovia sperando di cominciare a vivere una vita normale. Il destino l’attende l’anno seguente : il 6 aprile del 1996.
E’ questa una data che gli abitanti di Monrovia non dimenticheranno perché in quel giorno si scatena una caccia all’uomo nei quartieri della capitale tra i vari gruppi ribelli che si contendono il potere. Antony, buon ultimo dei passeggeri, paga il biglietto e si mette in salvo, da solo, su una nave privata che parte per il Ghana.
Stavolta si ferma poco più di un anno nel campo e poi parte pe l’avventura nella confinante Costa d’Avorio nel 1997. Un colpo di stato in questo Paese, da parte del generale Robert Guei nel 1999, lo sorprende e lo spinge ad allontanarsi nel vicino Mali per tentare di approdare in Algeria.
Bloccato ancor prima di raggiungere la frontiera, Antony torna per la terza volta nel campo dei rifugiati nel Ghana, ancora e sempre abitato da migliaia di liberiani. Con l’idea di abbandonare l’Africa delle guerre che lo inseguono, Antony parte per il Burkina Faso, passa il Niger e raggiunge la Libia l’anno seguente, il 2000.
Bengasi diventa luogo di scontro tra miliziani e vengono coinvolti anche i migranti. Antony, che avrebbe voluto raggiungere l’Italia, torna con mezzi di fortuna nel Niger l’anno seguente. Scivola verso il solito Ghana con la speranza di essere messo nelle liste degli ammessi per gli Stati Uniti, Padre Padrone dello stato liberiano.
Antony non si dà per vinto e parte per Cotonou, nel Benin, e poi ritenta, senza successo, di raggiungere l’Algeria e da li la Spagna attraverso il Marocco. Ritenta lo stesso viaggio nel 2006 e due anni dopo è espulso dall’Algeria dove ha potuto lavorare nei cantieri e si ritrova in Niger nel 2008.
Non pago delle precedenti disavventure torna in Algeria per la terza volta e, con l’idea di raggiungere l’Arabia Saudita passa per il Soudan attraverso il Cameroun et il Chad. Nel 2010 è ancora di ritorno a Niamey.
Per motivi legati ad un prestito è accusato di falso e passa qualche mese nella Casa di Detenzione della capitale. In seguito si impegna a mettere assieme i suoi compatrioti migranti a Niamey e intraprende, senza grande successo, piccole attività commerciali.
Tra un soggiorno e l’altro gli nasce Leila che ha appena compiuto 10 anni e vive con la madre. Antony torna in Liberia, il suo paese, dopo venticinque anni di guerre, colpi di stato, detenzioni, espulsioni, illusioni tradite e frontiere che si allontanano.
In questi ultimi giorni prima della partenza, ospite dell’OIM, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, prepara con apprensione il suo rientro in una patria che non lo ricorda.
Ha conservato i contatti con la sorella e il fratello, entrambi più giovani di lui, il primogenito di sua madre che spera abbracciare presto. Antony pensa passare qualche mese nella capitale Monrovia da cui era fuggito per nave nel 1996, durante la guerra.
Sua figlia si chiama Leila che significa ‘nata durante la notte’ e lui arriverà a Monrovia di mattina presto, al nascere di un nuovo giorno.
P. Mauro Armanino, Niamey
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