Rešoketšwe Manenzhe è nata in un villaggio sudafricano e vive a Città del Capo, dove sta terminando un dottorato di ricerca. Ha una formazione come ingegnere chimico, una laurea e un master presi all’Università di Cape Town. I suoi racconti e novelle  – in lingua inglese – sono apparsi, fra gli altri, sulla Kalahari review, su Fireside fiction e nella Sol Plaatjie european union anthology del 2017.

Nel 2021 ha vinto l’Akuko short story competition, ed è stata finalista al Sunday Times CNA literary awards.

Rešoketšwe Manenzhe

Rešoketšwe Manenzhe

Randagi (Solferino 2022, traduzione di Lucia Fochi), è stato pubblicato nel 2020 dall’editrice Jacana Media in Sudafrica, diventando immediatamente il debutto più acclamato dell’anno e vincendo prestigiosi premi letterari.

Il romanzo inizia dall’approvazione in Sudafrica dell‘Immorality Act del 1927, la legge draconiana che proibiva i rapporti tra europei (bianchi) e nativi (neri).

La legge cancella/riscrive la storia, la realtà.

Ma l‘Immorality Act recita: Coloro che infrangono la nuova legge rischiano anni di reclusione.

Con l’approvazione del provvedimento sull’Immoralità, la famiglia interetnica sente il mondo sgretolarsi sotto i piedi.

Inizia la guerra del sangue.

“E c’è un giorno preciso in cui la vita di un uomo precipita nel caos.

Abram van Zijl produce vino a Città del Capo e può essere indifferentemente inglese o olandese perché gli è facile appartenere al mondo. Ma il 29 marzo del 1927, quando in Sudafrica viene approvata la legge sull’immoralità che vieta i rapporti illeciti tra europei e indigeni, il mondo che sentiva suo comincia a sgretolarsi. E dire che, all’inizio, aveva creduto che una cosa così astratta non potesse davvero scuotere una famiglia, non la sua perlomeno. Anzi, mentre stringeva Alisa, sua moglie, giurando di proteggere lei e le bambine, si era illuso che quello fosse per loro un nuovo inizio. Per Alisa le cose non stanno così. Tutto ha cominciato ad andare storto da molto prima, forse da quando può ricordare, lei nata da schiavi nei Caraibi, adottata da un inglese, cresciuta nel Regno Unito e diventata cittadina del mondo per il suo tanto viaggiare. Ma nemmeno l’Africa, dove alla fine l’ha condotta la sua inquietudine, nemmeno l’amore di Abram, che le ha generato due figlie, sono riusciti a farle trovare il suo posto. Lei, a differenza di suo marito, non appartiene a nulla se non alla sua malinconia. Quando il caos comincia, tutto rotola via come portato dal vento. E travolge anche Dido, la figlia maggiore, bruna di pelle e castana di occhi come sua madre, ma in tutto e per tutto simile a suo padre. È nata e cresciuta in Africa, correndo tra i filari delle viti nella tenuta di famiglia, e di colpo l’Africa, per qualche oscura ragione, le toglie quanto le ha dato e non la vuole più”.

Le voci dei Randagi di Resoketswe Manenzhe si intrecciano al suono delle leggende e dei miti africani: Abram, Dido e Alisa aggiungono un capitolo all’eterna saga di chi parte, di chi resta, di chi si perde andando, restituendoci un’intensa testimonianza del potere delle storie, l’unico bagaglio che possiamo sempre portare con noi.

 

A cura di Maria Ludovica Piombino
Biblioteca africana Borghero

Foto: africaindialogue.com

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