La Repubblica Centrafricana ha saputo controllare l’espansione dell’epidemia di covid-19. Dopo un rapido aumento dei casi alla fine di aprile, la situazione ora è stabile: 4.575 casi registrati in tutto il paese, con soli 57 morti.
Il Paese è vasto: una superficie che è il doppio di quella italiana, per una popolazione di soli 5 milioni di abitanti, di cui il 62% residente in aree rurali. In media solo 7,5 abitanti per km quadrato, e una popolazione molto giovane: l’età media è di soli 17,2 anni.
Un articolo di Le Monde-Afrique porta l’attenzione su un gruppo etnico molto speciale, che abita le foreste tropicali del sud-ovest del Paese: i pigmei Bayaka.
La maggior parte di loro, circa 15.000 persone, vive nella Prefettura di Lobaye, e finora nessun caso di covid-19 è stato registrato tra di essi. Parliamo di una zona vasta 20.000 kmq, poco meno della nostra Lombardia, coperta da fitte foreste, da sempre frequentate dai pigmei che in essa vi hanno trovato il loro habitat vitale.
I pigmei Bayaka praticano ancora uno stile di vita semi-nomade, in cui la pratica di un’agricoltura sedentaria si alterna alla caccia e alla raccolta di frutti e altri vegetali esercitate per mezzo di lunghie spedizioni in foresta, che coinvolgono tutto il clan.
Le condizioni di vita a cui sono sottoposti, e la vita sociale molto intensa che essi vivono, ha fatto ipotizzare all’inizio una maggior vulnerabilità dei Bayaka al coronavirus.
Emmanuel Nakoune, direttore scientifico dell’Istituto Pasteur di Bangui, si chiede infatti: “Le principali malattie che colpiscono i pigmei sono la polmonite causata dal freddo e dall’umidità nella foresta. Sono dunque simili ai problemi respiratori che il covid-19 può causare. Se si diffondesse l’infezione virale tra di loro, certamente sarebbe un grave problema. Così almeno noi ipotizzavamo.”
Inoltre il biologo centrafricano sottolinea un’altra possibile fonte di contaminazione: gli animali selvatici della foresta, in particolare il pipistrello e il pangolino, con cui i pigmei hanno certamente contatti, potenziali serbatoi del virus: “Ci sono bambini dai 4 ai 5 anni che vanno a caccia e svolgono attività per conto degli adulti. Ciò significa che possono essere in contatto con diversi agenti patogeni “.
FairMed è una fondazione svizzera, che opera in Centrafrica. Nel suo statuto definisce così la sua azione : “combattere le malattie legate alla povertà e le loro conseguenze”.
Presente in Centrafrica fin dal lontano 1959, FairMed è ben conosciuta e apprezzata dalle comunità locali. Dal 2010 sta portando avanti un programma di controllo e studio della diffusione di alcune malattie tropicali tra i pigmei.
Quando il covid-19 è arrivato anche in Centrafrica il personale di FairMed ha riorientato i suoi sforzi verso la sensibilizzazione della popolazione pigmea e la prevenzione del contagio.
Séverin Ndépété è il Coordinatore di un progetto finanziato da FairMed per il monitoraggio della diffusione del coronavirus tra i pigmei.
Spiega Séverin Ndépété che non è stato un compito facile: “I Bayaka vivono ammassati in piccoli accampamenti nelle radure delle foreste, e in una capanna di pochi metri quadri possono coabitare fino a 10 persone. Cibo, bevande, tutto viene consumato insieme negli stessi contenitori”.
Inoltre, continua Ndépété, “i Bayaka hanno più fiducia nella medicina tradizionale che non in quella moderna, e in caso di malattia grave, ritardano il più possibile il ricovero in ospedale”.
E il collega Emmanuel Nakoune rincalza: “Adoperano moltissime radici o foglie a scopo terapeutico, che masticano o bollono. E anche quando si trovano in strutture sanitarie, dove ricevono farmaci in compresse, la famiglia non è mai lontana, e integra il trattamento moderno del malato con propri decotti”.
Ma i due operatori sanitari concordano nel rilevare che i pigmei hanno sviluppato nel corso dei secoli una particolare resistenza epidemiologica: “Uno studio degli anni 2000 mostra che dal 13 al 13,5% dei pigmei possedeva nel sangue anticorpi contro Ebola. Altri studi più recenti, ma non pubblicati, vedono queste percentuali salire al 65 o addirittura al 70%”. La Repubblica Centrafricana non ha mai conosciuto un caso dichiarato di Ebola sul suo territorio.
Questa maggior resistenza dei pigmei agli agenti patogeni avrebbe effetti anche sull’immunizzazione verso il coronavirus?
“Sappiamo che esiste un’immunità incrociata tra morbillo e coronavirus”, chiarisce Emmanuel Nakoune. “I casi di morbillo nella popolazione dei pigmei sono molto rari, anche se non sono vaccinati. Ciò suggerisce che hanno sviluppato anticorpi. E se riuscissimo a condurre un sondaggio sulla prevalenza per dimostrarlo, spiegherebbe anche perché finora non si è ancora registrato nessun caso dichiarato di coronavirus tra i Bayaka.”
La questione, affermano i due studiosi, meriterebbe di essere approfondita e studiata con rigore scientifico.
A cura di p. Marco Prada
Foto: FairMed; Survival International; TerraNova